Premessa doverosa: adoro i social network. Li utilizzo, mi incuriosiscono e hanno un’indispensabile utilità del tutto nuova nel mondo delle tecnologie e dei costumi. Perciò nessuna crociata contro Facebook, Twitter, Instagram, Periscope, Google+ e tutto il resto, anzi.
E non voglio nemmeno denunciare la pericolosità di un utilizzo ‘non consapevole’ di queste nuove piattaforme: la tecnologia non è buona o cattiva. E’ tecnologia. Accusare i social network sarebbe come prendersela con la matematica o con l’atomo.
Dico di più. I social sono capillari e cosmopoliti: hanno una fortissima permeabilità sociale tanto che l’unica altra cosa altrettanto equa alla quale posso paragonarli è la forza di gravità. Strumenti quindi, al servizio dell’intelletto più o meno inconsapevole di chi ne fa uso. Ma è tutto qui?
Sì è no. La fantascienza (ma non solo) è farcita di visioni attendibili su come saranno le prossime intelligenze artificiali. Si passa da quelle concrete e robotiche (Humandroid e il prossimo Avengers se vogliamo parlare di cinema) per arrivare a coscienze più concettuali e positivise (un esempio in campo letterario: il WWW di Sawyer). Sono buone o cattive, voglio aiutarci o distruggerci. Ma una cosa le accomuna: hanno coscienza di sé prima di tutto. L’intelligenza superumana e le capacità aliene sono un corollario, un accessorio narrativo per renderle più interessanti e spendibili al cinema o in un romanzo.
Ma la coscienza è la prima cosa. Il primo mattone. Il suo DNA. Bene, io vorrei fare un ragionamento inverso. Non parlare di intelligenze artificiali autocoscienti ma bensì di una sovrastruttura digitale e virtuale che non dispone di una sua consapevolezza autonoma ma diventa un neutro collettore della nostra coscienza.
Ed ecco il legame con i social. La frenetica bulimia nozionale alle quale siamo abituati (quante volte ci capita di ascoltare per intero un brano digitale? quante volte andiamo a caccia di informazioni limitandoci a qualche elemento di esse, a un singolo tweet?) ha trasformato il mondo in un composto molto, molto fluido. Le informazioni scivolano le una sopra alle altre imitando i più aggraziati affreschi cyberspaziali della fantascienza e per noi diventa sempre più complesso avere opinioni definite. Siamo così impegnati a incamerare informazioni che elaborarle è un lusso che non sempre possiamo permetterci. Le piattaforme digitali sono veicoli di questa sacra pioggia di dati ma non solo: a loro consegniamo anche i nostri frammenti di opinione. Nello spazio di poche battute, per stare al passo con il diluvio nozionale al quale siamo sottoposti, cerchiamo di completare l’equazione emotiva INFORMAZIONE -> OPINIONE che però in questo complesso periodo storico è molto sbilanciata verso la sua prima metà: l’INFORMAZIONE.
Questo è uno dei nuovi ruoli dei social network: devono bilanciare l’equazione emotiva opponendo a un eccesso di informazioni l’opinione necessaria. E riescono bene nel loro intento. Sempre di più appaltiamo a Twitter o Facebook la responsabilità morale del giudizio solo per il fatto che sono più veloci di noi. Solo perché sentiamo l’insoddisfazione che l’equazione emotiva sbilanciata ci causa e tentiamo in ogni modo di equilibrarla.
E’ un’esigenza inconsapevole, una responsabilità indotta della quale i social si fanno carico solo perchè possono farlo. E’ un male? Non necessariamente. E’ un bene? Non necessariamente. Ma di sicuro è una nuova forma di coscienza collettiva molto interessante che stuzzica la mia fantasia di scrittore.
Un impulso si propaga alla velocità di un tweet (o di un post) e in brevissimo tempo si trasforma: l’informazione diventa opinione consegnandoci una nuova struttura comunicativa. Una Infoidea: fatto e analisi coniugati in un pacchetto dati ad altissima digeribilità. L’ideale bilanciamento dell’equazione altrimenti irrisolvibile. E la nostra coscienza si alleggerisce confortata da questa enorme nube collettiva di Infoidee.
Forse le macchine non sono destinate a diventare intelligenti, ma di sicuro stanno modificando le nostre strutture etiche di base rendendole più o meno adatte ai tempi che stiamo vivendo.
di Maico Morellini
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2 Comments
Lorenzo Beltrami
Trovo interessante che nella fantascienza classica smartphone e social network non siano presenti. Che non siano state pensate come futuribili? Stiamo andando veramente in una direzione mai esplorata?
Anyway, bel tema da (fanta)scienza delle comunicazioni!
Maico Morellini
Ciao Lorenzo,
grazie del commento!
Hai ragione, la fantascienza classica (almeno per quello che conosco io) non è molto dettagliata per quello che riguarda sociale network e tecnologia smart. Eppure queste due cose, da sole, stanno cambiando in maniera radicale l’evoluzione stessa dell’uomo.
Forse, per una volta, la realtà si è dimostrata all’altezza della fantascienza!