Them – Loro. Una serie antologica cruda e crudele che sa giocare con le ombre (e con specchi neri), che sembra voler riprendere quell’ ‘Us – Noi‘ firmato Jordan Peele e uscito nel 2019 (e non solo perché prende in prestito la stessa Shahadi Wright Joseph). Perché la cifra secondo me più interessante e inaspettata nel lavoro di Little Marvin è proprio il (non) senso di quel Loro che diventa la misura della distanza emotiva da Noi e tutti gli altri.
1953. Gli Emory sono una famiglia nera in cerca di libertà, riscatto e redenzione. Scappano dalla North Carolina, scappano da un razzismo selvaggio che ha tolto loro tanto, scappano verso la dorata Los Angeles. Lì, ad attenderli nel quartiere bianco in cui si traferiscono, c’è un razzismo diverso ma ugualmente feroce. Più sottile forse, meno appariscente nei suoi primi vagiti, può darsi. Ma altrettanto furioso. Un razzismo fatto di sguardi in tralice, di vessazioni quotidiane. Un razzismo che in qualche maniera tiene insieme l’intero quartiere dando agli abitanti qualcosa da odiare tutti insieme. Un razzismo così forte, così violento, così pervasivo che risulta persino alleggerito dalle componenti sovrannaturali e horror che Little Marvin inserisce a poco a poco nelle giornate degli Emory.
È in questa cultura dell’odio nata tra le fiamme di un disprezzo ancestrale mescolato alla tentazione diabolica che Little Marvin forgia i tanti significati del suo ‘Loro’. ‘Loro‘ non sono solo gli Emory, elemento estraneo innestato in un ecosistema tanto chiuso quanto ostile. ‘Loro‘ sono anche gli abitanti del quartiere capitanati da Betty Wendell, ‘Loro’ sono i membri di questa comunità che per qualche motivo non condividono la crociata da suprematismo bianco di Betty (lo stesso marito di Betty, prima di tutti) e che hanno segreti o ambizioni differenti. ‘Loro‘ sono gli uomini come George Bell, lattaio e contadino, innamorato di Betty ma di un amore tossico, alieno, pericoloso. ‘Loro‘ sono i demoni del quartiere, il peccato originale, un flagello antico che richiama il male ancestrale della Derry di Stephen King. Ma ‘Loro’ sono anche gli Emory stessi, fratturati e feriti, indeboliti e spezzati. La famiglia cede, si inginocchia, quasi si spezza e il ‘Noi’ diventa ‘Loro’ in un cortocircuito assolutamente distruttivo (e in questo l’omaggio a Jordan Peele secondo me si vede eccome).
‘Loro’, di fatto, siamo noi. Perché la destrutturazione sociale che accompagna la paura del diverso non conosce confini e di fatto non conosce aggregazioni. Perché se si intraprende quel sentiero, se si iniziano a erigere barricate mentali, esclusive, tutto diventa ‘Loro’. La ricerca tossica di un gruppo a cui appartenere, di una nicchia in cui rifugiarsi, di un recinto che protegga contro tutto quello che c’è fuori è il modo più pratico per ottenere l’esatto contrario. Tanto che anche la famiglia (come dimostra la stessa Betty mostrando i frammenti di un orrore domestico, mostrando il ‘Loro’ che anche in questo caso si estende ai suoi stessi genitori) non è più sufficiente. Che il Noi perde significato. Che persino l’Io non è più unità costitutiva sufficiente all’interno della quale sentirsi protetti.
Il potere e la magia nera dell’odio: ecco il ‘Loro’ di Little Marvin.