Mi sono avvicinato alla serie Netflix di Hill House con un certo timore, lo stesso timore che chiunque abbia letto il libro ha provato al pensiero di vedere il complesso capolavoro di Shirley Jackson deformato (e forzato) in una serie televisiva con tempi e ritmi diversi di quelli di una solidissima narrazione. Fortunatamente Mike Flanagan, regista che apprezzo molto (suoi sono, tra gli altri, Oculus e Somnia), ha deciso di percorrere una strada diversa. Hill House, una casa che definire infestata è decisamente riduttivo, è 'solo' ambiente e suggestione. Nessun personaggio (a parte qualche doveroso omaggio), nessuna situazione riadattata, di fatto una storia nuova che sceglie come ambientazione la tremenda casa fatta di corridoi, angoli scuri e presenze sinistre.
Piccola, doverosa premessa: non avevo aspettative di sorta su Solo e mi ero documentato ben poco prima di entrare in sala. Dal trailer, visto un paio di volte, mi era parso un possibile western stellare e dopo la visione posso dire che in effetti si tratta di questo. Una visione di frontiera, con tanto di assalto al treno, saloon, pistoleri, bari, miniere e chi più ne ha più ne metta. Io adoro il western perciò l'ipotesi di una contaminazione del genere mi affascinava. Lo dico subito, non sono rimasto deluso.
Ho aspettato di avere quattro casi di studio sul fantastico targato Netflix prima di provare a mettere nero su bianco le impressioni che già con un paio di titoli a disposizione avevano iniziato a vagare nella mia coscienza periferica. Quattro film (parlo solo di film, tengo le serie tv fuori da questo ragionamento) piuttosto diversi da loro ma sufficientemente simili da poter trovare un denominatore comunque, una sorta di marchio di fabbrica della N rossa.
Per una volta esco dal confortevole recinto del cinema di genere e delle serie TV per parlare di un prodotto molto interessante: la serie-documentario "Il cerchio magico di Hitler". Al momento la trovate disponibile su History Channel oppure su Netflix con il nome "Hitler's Circle of Evil" (qualche episodio è anche in chiaro su YouTube). Si tratta di dieci episodi della durata di cinquantadue minuti ciascuno e premetto che secondo me è un prodotto che andrebbe inserito a pieno titolo nel programma scolastico italiano.
Saluto questo 2017 senza bilanci particolari (mi limiterò a dire che quest'anno ho scritto davvero tanto ma pubblicato poco) ma con una riflessione che lascio maturare da un po' di tempo. Prima premessa: seguo le serie TV, non tante a dire il vero, e sono ben consapevole delle loro qualità perciò non sputo nel piatto in cui mangio. Attorno all'universo fatto di stagioni orbitano sempre più idee, sempre più grandi attori che provengono direttamente dal cinema e in alcuni casi sempre più voglia di sperimentare (penso alle prime stagioni di American Horror Story).
Quattro episodi su sette, con ancora nove puntate (tre di questa settima stagione e sei dell'ottava) prima di veder calare il (o un) sipario su uno dei fenomeni televisivi più imponenti di questo ventunesimo secolo. In molti ci eravamo chiesti come sarebbe cambiato Il Trono di Spade con il sorpasso definitivo dello show rispetto alle trame letterarie libri di George R.R. Martin e questi prima quattro episodi hanno in parte risposto alle nostre domande. Due sono i più evidenti e principali aspetti della piccola rivoluzione che David Benioff, D.B. Weiss e compagni hanno attuato con la settimana stagione del Trono.
Lo ammetto: qualche mese fa dopo aver letto un lungo articolo pubblicato su un titolato quotidiano online (non avevo visto il servizio de Le Iene) sono stato il primo a parlare con alcuni colleghi del Blue Whale. A modo mio, ho contribuito a diffondere un morbo dai contorni indefiniti i cui margini di veridicità sono ancora molto nebulosi anche se, possiamo dirlo, non esiste nessun Blue Whale.
VOTO:[rating:4.5]
Ero molto curioso di vedere questa serie TV, e lo ero per almeno due motivi. Il primo è che sono un appassionato di vecchia data degli uomini X, il secondo è che Legione è sempre stato uno dei miei personaggi preferiti. A David Haller va il merito di aver innescato il crossover Marvel più bello che io ricordi: L'Era di Apocalisse, pubblicata a metà anni novanta e capace di ridisegnare l'universo X in maniera straordinaria.
Rare Exports Inc. - 2003 - voto: [rating:4.5]
Avere un’idea geniale non è facile. Avere un’idea geniale e riuscire a condensarla in sette minuti è ancora più difficile. Fare in modo che questi sette minuti siano ancora più brillanti dell’idea stessa ha quasi del miracoloso.
Eppure è quello che sono riusciti fare i fratelli finlandesi Jelmari e Juuso Helander con il corto Rare Exports Inc. Presentato in chiave documentaristica sugli impavidi e coraggiosi uomini della Lapponia, il corto ci racconta di come tre di loro vadano a caccia di Babbo Natale. Anzi, dei babbi natale, uomini allo stato primordiale, nudi, di pel canuto, che vagano selvaggi per le desolate steppe lapponi. La cattura a suon di proiettili narcotici è cruda come solo un vero e proprio safari sa essere e da lì in avanti entriamo nel puro genio.
[rating:5]
Abbiamo ancora impresso negli occhi il volto di Ed Harris durante la cerimonia di gala a Westworld, il suo sorriso diabolico mentre finalmente riesce a ottenere quello che cerca da più di trent'anni. Abbiamo ancora chiara in mente la stretta di mano con la quale Robert Ford (uno straordinario Anthony Hopkins) si congeda dall'amico Bernard Lowe (un altrettanto fenomenale Jeffrey Wright). E, per finire, lo sguardo di Maeve Millay (Thandie Newton, in stato di grazia come non mai) quando decide di cambiare, ancora una volta e in modo imprevisto, il suo destino. Tutte queste cose ci rimbalzano in testa, increduli ed estasiati dalla magia che Jonathan Nolan e Lisa Joy sono riusciti a confezionare nei dieci episodi della prima stagione di Westworld.