“Rimane il fatto che il Parko, che è poi questo territorio, esiste perché esistono le persone, le loro storie, le cose che hanno vissuto e hanno da raccontare. Mica per i fischi delle marmotte. Bisognerebbe poi anche tenere in conto che noi che ci viviamo, qua, non siam mica “tutti quelli che passano'”. È inutile star lì a ridire che manca il lavoro, mancano le strade, mancano i servizi, manca questo e quello. Ormai l’abbiamo capita sta fola: qua ci manca tutto. Ma a noi, può poi anche darsi che non ci serva niente”
C’è il paese, ci sono le storie, ci sono le persone E ci siamo noi. Noi, incollati ai pensieri di chi, quel paese arrampicato sull’Appennino, lo abita. Siamo ospiti in quella zona di confine ma ci viene concesso un privilegio enorme: vivere e assorbire senza filtro e senza soluzioni di continuità, le vite di chi, in quel paese che cerca in tutti i modi di resistere, ci vive.
Silvano Scaruffi proietta diapositive di una comunità, istantanee che a poco a poco si collegano una all’altra finendo con il diventare ben più della loro meta somma aritmetica. Ci sono tante anime in quel paese vessato e corrotto dal Parko e dalla SIO, la società che quel parco l’ha inventato e costruito.
C’è Bunga, con il suo lombrico Bunga, con la sua capacità di ascoltare, di semplificare e di comprendere. C’è Ginasio, l’anima buona di quella comunità, una sorta di sciamano bianco che sente assottigliarsi sempre di più la voce degli alberi. C’è Bestio, l’anima oscura, uno sciamano nero che parla la lingua roca e selvaggia della montagna. Poi ci sono Taioli, Romma e Burasca.
Più di tutto, c’è un mondo di confine. Una zona di frontiera animata dal suo linguaggio, dal suo modo di mostrarsi, dal suo essere incomprensibile solo a chi gli si avvicina senza la voglia di ascoltare.
Ma prendendosi il tempo giusto, dandosi il tempo di ascoltare e di capire, l’Appennino cartografato da Scaruffi diventa non sono comprensibile, ma persino essenziale. Necessario. Perché sì, forse lì manca tutto. Ma forse lì, alla fine, non serve niente.
Ci sono le persone, le loro vite e soprattutto le loro storie a riempire tutti i vuoi che l’assenza di quello che crediamo importante – ma che poi tanto importante non è – crea.
Romanzo di crinale è un mosaico i cui pezzi, a poco a poco, non solo si incastrano a completare la storia che Scaruffi ci racconta, ma finiscono con l’incastrarsi anche dentro di noi perché se è vero che invece qui, in Pianura o in città, non manca niente, è anche altrettanto vero che prima o poi “viene sera a casa di tutti”.
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