VOTO:
C’è un momento in cui la genialità si trasforma. Muta, avvolta da quella consuetudine tipica di una brillantezza che si ripete, anno dopo anno.
Arrivati alla quarta stagione di ‘American Horror Story’, uno dei prodotti televisivi più all’avanguardia degli ultimi tempi, la sensazione che si prova è proprio questa. Il talento messo in campo da Ryan Murphy e Brad Falchuk è tanto ma è costretto a combattere contro sé stesso in una sfida che può essere molto, molto complessa.
Questa volta la macchina del tempo di ‘American Horror Story’ ci porta a Jupiter, in Florida, nel 1950. Elsa Mars (una straordinaria Jessica Lange) è la gestrice di uno degli ultimi spettacoli freak show che ancora circolano in America. Al suo fianco Falchuk e Murphy schierano un vasto campionario di freaks: la donna barbuta (Kathy Bates), il ragazzo aragosta (Evan Peters), le gemelle siamesi (Sarah Paulson chiamata a un doppio lavoro) e tanti altri ‘mostri’ da circo tra i quali ci sono anche interpreti eccellenti come Angela Basset, Micheal Chiklis e Neil Patrick Harris. Le cose però iniziano a prendere una brutta piega quando un clown assassino inizia a seminare il terrore in tutta Jupiter. Sarà proprio lui a dare il via a una serie di tragici eventi che coinvolgeranno tanto Jupiter quanto il circo degli orrori di Elsa Mars.
Partiamo dai punti di forza di questa quarta stagione: prima di tutto il cast. Jessica Lange è straordinaria dalla prima all’ultima puntata e il suo stato di grazia perenne si trasmette, attraverso un irresistibile e benefico contagio, a tutti gli altri. La Lange non interpreta solo Elsa Mars, madrina e anima nera del circo, la incarna in tutto e per tutto. Il carisma di Elsa e quello della Lange si fondono tra loro rendendo difficile distinguere l’attrice del personaggio. E questo, come dicevo, eleva l’intero parco degli interpreti. Non mi sorprende che ogni anno attori sempre più blasonati vogliano a tutti i costi far parte dello show.
Secondo indubbio punto di forza: la costruzione dell’arco narrativo. A prescindere da alcuni episodi più o meno riusciti, a prescindere da qualche difetto sparso qua e là, la storia raccontata si completa in modo perfetto confermando che questo freak show è, in effetti, la storia di Elsa Mars. Tutto acquista un senso raggiungendo vette drammatiche che in Coven si erano perse in una costruzione molto più ferruginosa.
Terzo punto di forza: le connessioni con American Horror Story – Asylum. Intendiamoci, si tratta di piccole trovate che non modificano l’economia complessiva della storia ma che mandano in visibilio chi, come me, ha letteralmente adorato la seconda stagione.
Per quanto riguarda i difetti in realtà la faccenda è piuttosto semplice e si condensa in due soli aspetti. Il primo è legato all’aspettativa. Falchuk e Murphy sanno di aver raggiunto la vetta con Asylum e questo li costringe a forzare la mano cercando di replicare il perfetto e disturbante equilibrio della seconda stagione. La genialità però non può essere replicata e accontentarsi della ‘sola’ brillantezza a volte lascia un pizzico di amaro in bocca. Il secondo difetto è figlio del primo. Rendersi conto di non avere un prodotto così perfetto come Asylum ha costretto i due diavoli a sperimentare e questo li ha condotti in territori scivolosi: eccessi di surreale, qualche caricatura di troppo e un personaggio come quello di Dandy Mott (un Finn Wittrock degno del miglior Breat Easton Ellis) a volte fuori registro.
Riassumendo: una stagione con tre stelle di media ma che arriva a quattro complessive per l’eleganza di Jessica Lange e per la potenza del suo finale di stagione. Il suo ‘Life on Mars’ è pura e folle poesia.
di Maico Morellini
Tutto quello che avreste voluto sapere su American Horror Story:
– American Horror Story – Coven
– America Horror Story – Asylum – Parte 2
– America Horror Story – Asylum – Parte 1