Che Adrien Brody non sia un interprete canonico e che lo incuriosiscano ruoli particolari in film che non si direbbero nelle sue corde, è un dato ormai assodato. Dopo che a 29 anni si era guadagnato la fama di quasi ragazzo prodigio per la vittoria dell’Oscar ne ‘Il Pianista‘, lo vediamo iniziare una fase un po’ a singhiozzo (per non dire discendente) che lo vede, tra le varie interpretazioni, protagonista del chiacchierato Giallo (di Dario Argento) e nel recentissimo Predators.
Diciamo che questo ‘Splice’ (2009, io arrivo un po’ lungo nel recensirlo) dell’eclettico e talentuoso Vincenzo Natali (regista del geniale ‘The Cube‘) appartiene a quella categoria di film che, magari, poteva non interpretare.
L’inizio, a essere sinceri, non è dei peggiori. Scimmiotta un po’ troppo ‘Specie Mortale‘ sostituendo alla sfrenata ricerca di tecnologie extraterrestri un’annacquata critica alle società biotecnologiche, ma la fotografia, le location e anche l’atmosfera funzionano (nessuno mi toglie dalla testa che Guillermo Del Toro, seppure presente solo come produttore, ha dato qualche spennella qua è là con la sua straordinaria capacità visiva).
Purtroppo però, dalla nascita piuttosto improbabile e infarcita di luoghi comuni della piccola Dren (miscuglio genetico di una dozzina di specie animali con DNA umano), lo stereotipo inizia a prendere il sopravvento sull’originalità di Vincenzo Natali.
Citando un po’ se stesso nel tentativo di ribaltare i ruoli e i comportamenti dei protagonisti mano a mano che la storia decolla (il problema è che non decolla mai del tutto), finisce con il confezionare un prodotto un po’ troppo insicuro e che, come Dren, non è né carne ne pesce. Scomodare poi Jurassic Park nel colpo di scena finale non migliora le sorti della pellicola.
Probabilmente il tentativo di raggruppare troppe tematiche (maternità/paternità, rapporto con i genitori, bioetica) con scelte decisamente fuori luogo (il sanguinaccio dei due creati che si aggrediscono a vicenda davanti all’incredula folla di scienziati e finanziatori) ha fatto sì che, come dicevo, uscisse qualcosa di decisamente incompleto.
Nel complesso non raggiunge la sufficienza. Lo dico con una punta di rammarico perchè resta l’impressione di qualcosa che poteva essere decisamente migliore (ci sono alcune citazioni molto eleganti, e questo fa ancora più rabbia per la mancata capitalizzazione di un certo talento).
Menzione d’onore per Sarah Polley, brava e già apprezzata ne ‘L’Alba dei morti viventi‘.