Riporto di seguito una recensione molto molto accorata che feci per ‘Il cavaliere Oscuro’. So di essere un po’ lungo con i tempi ma quando vedo un film del genere, non posso far altro che voler condividere con quanta più gente possibile quello che ho pensato.
Premetto ‘The Dark Knight’ (TDK), e lo ripeterò anche in seguito, per me non è un film su Batman. Non quanto lo era ‘Batman Begins’, perlomeno. E aggiungo che non essendo molto ferrato nella versione di cellulosa ho sicuramente un occhio meno pretenzioso nei confronti della versione su celluloide.
Ho provato a dividere questa recensione in blocchi tematici, o almeno quei blocchi nei quali mi sono trovato a navigare prima, durante e dopo la visione del film e alla fine di tutto mi sono reso conto che di questo Batman, più di tutto, apprezzo il monolitico e profondo lavoro di ‘analisi sociale’ che i Nolan fanno (tema ricorrente nelle loro pellicole, ma questa è un’altra storia).
Prima di lanciarmi in una sperticata e assolutamente non condivisibile analisi ci tengo a dire che questo Batman non è, concettualmente, un film sui supereroi. Così come ‘Memento’ non era un film lineare o catalogabile, così come ‘Insomnia’ non era un poliziesco e così come ‘The Prestige’ non era un film sulla magia.
Ambientazione:
Gotham City. Una metropoli con trenta milioni di abitanti. Una città-stato nella quale da sempre prospera una criminalità senza limiti, una corruzione estrema. Una città che vede nascere Batman.
Batman compare, in ‘Begins’, ed è un nuovo nemico per Falcone, per Crane, per tutta la malavita classica di Gotham. La sua icona è densa di significati, fa paura, assume persino un’aura sovrannaturale.
Un vampiro, come citava Tim Burton nel primo Batman.
In ‘The Dark Night’ è passato un anno.
E qui, a mio modo di vedere, ecco il primo paletto (geniale) dei Nolan, e il primo conseguente distacco dalla coerenza del fumetto sia inteso come strumento comunicativo ‘ideologico’ sia inteso come personaggio dei comics.
Batman perde la sua connotazione mistica e il suo alone di terrore.
Non è un vampiro, non è una creatura della notte. Dopo un anno i criminali di Gotham lo ‘accettano’ e lo capiscono per quello che è: macchina inarrestabile di giustizia. Nemico invincibile dal quale si può solo tentare di fuggire o al quale si cerca di resistere con blandi tentativi.
La sua prima apparizione in scena, contro lo Spaventapasseri e criminali ‘vecchio stampo’ è molto chiara in questo senso.
Crane appartiene al passato. E’ un malavitoso che lavora per soldi. Ha stimoli e istinti che sono, per Batman, poco più di un semplice indovinello. Viene catturato e nelle poche parole dello Spaventapasseri c’è la rassegnazione di una classe criminale che non sa come combattere un nemico UMANO.
Qui ci allontaniamo dal fumetto. Nel fumetto, per esigenze narrative e per struttura vera e propria, molto spesso i supereroi si muovono in un ambiente nel complesso (salvo picchi che spesso corrispondono alle Graphic Novels) refrattario al cambiamento.
In questa Gotham è passato un anno REALE. La criminalità è sotto scacco e la città sta iniziando a mostrare un lato che grazie a Batman ora può emergere. E cosa succede a una criminalità così furente quando viene messa alle corde?
Alfred, coscienza di Wayne per tutta la pellicola, ce lo spiega in poche parole.
Per un anno i mafiosi sono stati massacrati da un nemico al di là della loro capacità. Un nemico che non è inumano, è solo inarrestabile. Oltre la loro comprensione perché loro sono troppo comprensibili, prevedibili. Banali.
Questo concetto viene sottolineato e chiuso in modo circolare, e senza possibilità di appello, con Hong Kong. I normali criminali, sia di Gotham che del resto del mondo, non possono nulla contro Batman (qui c’è un cedimento narrativo. Il cellulare di Lucius Fox è una piccola caduta di stile che si poteva evitare. Anticipa cose che verranno, è inserito nel nobilissimo intento che secondo me ha quella scena, ma è comunque un po’ troppo artificioso). I Nolan ci hanno chiarito cosa sta succedendo alla città.
E’ in questo scenario, in questo primordiale insieme di conflitti e possibilità, che nascono i tre personaggi cardine di tutto il film.
Batman, il Joker, due Facce.
Attori pretestuosi in uno spettacolo che ha intenti drammaticamente profondi.
Andiamo con ordine.
Batman:
Batman nasce nello scorso film. Un percorso intenso, profondo, drammatico. Magistrale e realistico, tanto realistico da vestire in modo impeccabile chi, poi, diventerà l’Uomo Pipistrello.
Ma il Batman di ‘The Dark Night’ è diverso. Anche lui, oltre a Gotham, risente di un anno trascorso a lottare contro un crimine che sembra, comunque, non voler finire mai.
Un anno trascorso negando la propria vita, negandosi un’esistenza normale. Vivendo una doppia mascherata: da un lato Bruce Wayne, il miliardario legato solo al divertimento e al proprio denaro, dall’altro Batman, con tutto il carico di oscura responsabilità che solo Gotham sa dare.
Già dalle prima battute capiamo che qualcosa sta succedendo. Coraggiosi e sprovveduti vendicatori emulano l’Uomo Pipistrello tentando di raccogliere il suo messaggio. Ma non fanno altro che accrescere il senso di responsabilità che lo opprime: lo emulano, e rischiano la vita.
Se lui non ci fosse, quelle persone non sarebbero in pericolo.
Se Batman non ci fosse, Wayne sarebbe felice.
Se Batman non ci fosse.
Questi dubbi sono germogliati in Bruce Wayne, alimentati dalla sua seconda vita e potenziati da un mondo criminale che, pur nella rassegnazione, si ripete uguale a se stesso.
Da un certo punto di vista, Wayne è il personaggio meno complesso dell’intero film.
La sua metamorfosi è avviata.
Servono solo altri due reagenti per portarla a compimento.
Harvey Dent e, più di tutti, il Joker.
Harvey Dent:
Dent è la risposta ‘umana’ alla criminalità di Gotham. Un eroe, nel senso più ‘comune’ del termine. Un uomo integro che con un pizzico di incoscienza, e tanto coraggio, raccoglie le speranze della città: avere una persona normale, un uomo in carne e ossa, al quale affidare le proprie speranze.
E’ ciò che Rachel può amare perché a differenza di Wayne vive il suo eroismo in mezzo alla gente, a volto scoperto, nella legalità.
Nasce in risposta a Batman, a ciò che l’Uomo Pipistrello è divenuto nel fatidico anno trascorso, allontanandosi sempre di più dalla legalità e dalla gente comune.
Nasce, letteralmente, come volontà popolare di una città spaventata e di una criminalità indebolita dall’Outsider.
Lui, Gordon e Batman sono i vertici della lotta al crimine.
Il Politico, il Poliziotto e il Giustiziere.
Tre facce di una stessa medaglia il cui vero senso sarà drammaticamente chiaro solo alla fine.
“Tu eri il migliore di noi”, come dice lo stesso Uomo Pipistrello nel drammatico finale del film.
Il Joker:
“Stop grinning e drop your linnen” citando Bill ‘Hudson’ Paxton di Aliens, che a sua volta cita gli AC/DC.
Qui si sfiora, a mio avviso, qualcosa che assomiglia al genio.
Il Joker ci viene presentato, ce lo dice lo stesso Alfred, come una reazione immunitaria del mondo criminale a una minaccia violenta come quella di Batman. Quasi inconsapevole, inevitabile. Viene generato qualcosa di inarrestabile, come lo stesso Uomo Pipistrello, ma non vincolato dalle catene della moralità.
In parte è così, ma in realtà abbiamo a che fare con un personaggio molto più complesso. La scena è tutta sua.
E’ il primo ad apparire nel film e la presentazione, prima ancora dalle parole dei suoi uomini, ci suggeriscono con chi avremo a che fare.
Rapina le banche della mafia. Costringe i suoi uomini a uccidersi a vicenda facendo leva sulla loro sete di denaro. Sulla natura umana. Degli altri uomini.
La sua natura, però, si fa più complessa.
Imprevedibile (anche a costo di forzare un po’ la sceneggiatura con alcune situazioni poco credibile) si presenta come ‘araldo del caos’, ‘emissario del disordine’.
Non è innovativo in questo. Alfred ricorda qualcuno come lui, in un passato di agente governativo che giustifica la sua intraprendenza, in un mondo molto diverso.
Il Joker è però inconcepibile a Gotham, dove da sempre vigono le leggi delle evolute società occidentali. Lui no. Caos e disordine. Nessuna regola, nessun piano se non quello di portare all’estremo gli istinti umani.
Lo fa con Batman, lo fa con Dent (di questo parleremo meglio dopo).
Non vuole i soldi della mala, si muove al di sopra di tutto. In modo distorto, ricorda V. Quando si è al di fuori del sistema, le contromisure del sistema stessa non posso frenarci.
Così è per il Joker.
Potrebbe essere uno spietato sociologo, disposto a tutto pur di dimostrare la sua tesi e di trovare il suo posto in un mondo che prima deve essere plasmato da lui ma va oltre.
Nella discussa scena delle navi io credo che il vero significato non sia nel barlume di luce in una città sull’orlo del caos: il film vede in Joker il motore di tutto.
Anche qui, questo incastro narrativo, ha lo scopo principale di dimostrarci che l’araldo del caos non è quello che dice di essere. Non si limita a mettere alla prova, a portare disordine.
Quando l’entropia cessa di aumentare, quando arriva una parvenza d’ordine, quando la natura umana rimette a posto ciò che lui ha disallineato con violenza e sangue, ecco che scende dall’Olimpo nel quale si era issato. Ecco che stringe un telecomando e decide lui, con un piano prestabilito, in prima persona, di proseguire il disegno del caos che diventa, semplificandosi, il desiderio di uccidere.
Joker va oltre, in questo.
Batman e Dent, così come Gordon, Maroni, Rachel, così come tutti gli altri, hanno bisogno di motivazioni: reagiscono ai principi, in modo umano.
Non lui. Il Joker disegna trappole per le coscienze collettive, così come per personalità dei singoli.
Ma qualora il suo scopo fallisca, non teme e non pensa: fa,distrugge,uccide.
E’, per il suo personaggio, un passo indietro concettuale che però lo rende quello che è, nel disegno dei Nolan.
Inarrestabile. Irrefrenabile. Estremo.
Interazioni:
Come si diceva, il Joker è il motore supremo della pellicola.
Tutte le reazioni, da quelle di Batman a quelle del semplice uomo di città, dipendono da quello che LUI fa.
Catalizza, con la sua figura, tutto ciò che latente o nascosto, si agita nel cuore di Gotham.
Joker-Batman: l’Uomo Pipistrello è afflitto da dubbi di coscienza. Prima della comparsa della sua nemesi. Percepisce che Gotham non risponde ai suoi desideri, alle sue speranze, come vorrebbe: emuli mascherati non fanno per lui.
E poi, cosa succede? Il Joker irrompe. Con una comprensione assoluta di Batman e delle dinamiche di Gotham. Acuisce la sua crisi, lo spinge oltre, lo costringe a riflessioni critiche, a debolezze, a solitudini.
Crede di essere innamorato di Rachel, per lei rinuncerebbe alla maschera quando Dent sembra poter prendere il suo posto. Ma, a differenza di Dent, non ha bisogno dell’amore. Ha solo bisogno di completare la sua metamorfosi che, rispetto al primo Begins lo ha visto involversi, dopo un anno di lotta a un crimine che non accenna a scomparire. Però Batman, con la morte di Rachel, accetta infine ciò che deve diventare. Il vero Batman non lo vediamo in questo film. Lo vedremo, forse, nel prossimo. Qui c’è un percorso, dissestato forse, cosparso di imperfezioni, ma catalizzato in tutte le direzioni dal Joker.
Joker-Dent: ecco un rapporto di ruoli straordinario. Dent, come si accennava, rappresenta l’uomo straordinario comune, se mi si passa il gioco di parole. Rappresenta la normalità, spinta da intenti nobili, dall’amore, dalla giustizia.
Rappresenta qualcuno che non può, in nessun modo, reggere la partita che si gioca a Gotham. E’ legato a sentimenti comuni, Dent. E’ innamorato, e non può pensarsi incastrato in un gioco di scelte come quello in cui lo precipita Joker. Nemmeno se non dipende dalla sua volontà. E quando un uomo comune,per quanto eroico, gioca una partita più grande di lui non può far altro che cadere.
Cade, Dent. Deformazione fisica e la perdita dell’amore. Per Batman e Joker sono demoni già affrontati, per scelta. Tanto più che Batman, alla morte di Rachel, vede solo la sua determinazione accresciuta.
Dent crolla. Distorce il finto ‘caso’ che lo ha sempre accompagnato per tutto il film (geniale il cambiamento della moneta, ora non più truccata) e emula Joker, a suo modo. In maniera molto più sincera e più istintiva.
E il Joker, qui, ci mostra il suo vero piano. Se Rachel fosse sopravvissuta, Dent sarebbe morto. Dent vivo ma senza Rachel. Una preda troppo ghiotta per la sua capacità di corruzione.
Dissolvenza:
In ‘Batman Begins’ vediamo un giovane uomo percorrere un cammino di autocoscienza che lo porta a sconfiggere i suoi demoni e affacciarsi a un ruolo diverso (con nuovi demoni da combattere). A quello di eroe, di paladino, di difensore di una città corrotta.
In TDK assistiamo alla sua prima caduta. Al prezzo che questo ragazzo paga e sta pagando per la sua doppia vita. Un prezzo che da solo non avrebbe il coraggio di sostenere. Ma che alla fine, e solo alla fine, nell’estremo gesto salvifico e di redenzione su Harvey Dent (la prima, vera, vittoria sul Joker) accetta. Il Cavaliere Oscuro, quello da fumetto, forse, lo vedremo nel prossimo film. Qui era un personaggio transitorio che serviva ai Nolan come reagente alchemico a Gotham e al Joker. Non è il protagonista ma incarna dei dubbi che solo alla fine, appunto, trovano soluzione.
Il mondo al di fuori:
Le tre interazioni di cui sopra sono il propellente che muove il film.
Intorno a queste orbitano tutti gli altri personaggi, più o meno riusciti.
Alfred accetta e difende Batman, come icona. Come ruolo. Come ‘ciò che va fatto’. Ne capisce i patimenti ma comprende anche l’uomo dietro il mantello: Bruce Wayne, agli occhi di Alfred, può essere solo Batman. E quando questi gli confida di sapere che Rachel avrebbe scelto lui non esita un istante nell’aiutarlo a superare il momento di debolezza umana, nel nascondergli la verità perché grazie alla menzogna sarà più facile a Bruce continuare a vivere senza l’amore che, in qualche modo, ha fatto cadere Dent.
Gordon rappresenta il costante e positivo mantenersi di una figura che, lo si capisce, sopravviverà a tutti. E’ un’istituzione nell’istituzione, Gordon. Dent sa di dover scendere a patti con lui ma anche Gordon cade davanti all’illogica pianificazione del Joker (aiutata, anche qui, da sbalzi di trama che però mirano all’unico cristallino concetto: il Joker non può essere previsto) e lo trascina nella sua prigione, assecondandone ne il piano. A differenza degli altri però, non cede al caos e non ne esce segnato. Accetta quello che Gotham gli offre. Se è bene, lo asseconda, se è male lo combatte con i suoi soliti mezzi. Eroe vecchio stile, di quelli che continua a usare la sei colpi contro le armi automatiche.
Mi fermo qui, anche se ci sarebbe da dire qualcosa su Fox e su Rachel, qualcosa su Maroni e su molti altri personaggi. Sul ‘Deus’ rappresentato dall’echelon di Gotam e da un’onnipotenza che si dimostra inutile quando l’obbiettivo è quello di distruggere un solo uomo.
TDK, comunque, non è un film perfetto.
In troppi punti la sceneggiatura si piega ai desideri del regista e dei concetti schiavizzando la logica allo scopo ultimo del film (o almeno, quello che per me è il suo scopo ultimo) e scoprendo il fianco a critiche e storcimenti di naso che i Nolan, nella loro genialità, potevano evitare.
Riassumendo io trovo ‘The Dark Knight’ un bellissimo film, con tratti di capolavoro e con altre connotazioni ahimè un po’ troppo superficiali, che vuole spiegarci cosa accadrebbe nella realtà a un Batman. E come la gente di Gotham, che mai come in questo film è gente come noi, reagirebbe al caos razionale di un Joker.
Ci sono segnali sparsi, di queste logiche, in tutto il film;t est sociologici che non sono lì per caso.
Componenti emotive come l’amore e l’odio prese e messe in una equazione che i Nolan riescono, come sempre fanno, a trascrivere sulla pellicola.
Adesso non ci resta che aspettare il prossimo Batman di Nolan: The Dark Knight Rises (2012)
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