VOTO:
Recensire ‘The Green Inferno’ non è facile per un semplice motivo: Eli Roth, cattivo ragazzo innamorato dei registi cannibali italiani, svicola realizzando un film che non è davvero un film. Sì perché il suo Inferno Verde passa dalla sferzante satira nei confronti dei moderni ambientalisti/vegani/noglobal, soprattutto la parte di loro che ha idee poco chiare e che venera il web come ultimo strumento di democrazia, alle scene cannibal-agresti nelle quali la comunità amazzonica ci viene mostrata in uno spaccato quasi tenero. In quello che è quasi un verismo orrorifico da Malavoglia.
Il motore narrativo è abbastanza discontinuo: la giovane Justine (Lorenza Izzo, moglie di Eli Roth) è una studentessa universitaria con la velleità dell’impegno sociale. Un incontro quasi casuale con il bel Alejandro (Ariel Levy) la convince a gettare il cuore oltre l’ostacolo: basta cercare di cambiare il mondo da dietro una scrivania o dalla comoda stanzetta del Campus, occorre più impegno in prima persona. Detto fatto: Alejandro guida un’improbabile spedizione di attivisti verso il Sud America. Armati di telefonini (non ce la faccio a chiamarli smart-phone, per me resteranno sempre ‘telefonini’) vogliono impedire alla temibile Compagnia lo scempio amazzonico. Ma qualcosa andrà storto e il gruppo si troverà catapultato in un vero e proprio Inferno Verde.
E’ difficile valutare un film come questo perché non c’è molta amalgama tra i due blocchi narrativi: come in Hostel la parte preparatoria è molto lunga e non tanto interessante, a meno delle pennellate caustiche con le quali Roth dipinge i giovani americani desiderosi di cambiare il mondo. E come in Hostel la parte ‘torture’ non è così estrema come mi aspettavo. Tolta la prima vittima, il resto sono variazioni sul tema piuttosto edulcorate, se mi si passa il termine parlando di un film sul cannibalismo.
Il suo meglio Roth lo dà nelle situazioni improbabili, alzando l’asticella di ciò che potremmo definire un ‘trash controllato’. Confeziona un paio di sequenze che sono davvero memorabili, confermando che ‘The Green Inferno’ è un film intimista e personale: lo ha fatto per divertirsi e si vede.
Critiche? Poche in realtà. Come dicevo il film non è davvero un film, è più un insieme di obiettivi tenuti insieme da una trama un po’ posticcia e vessati da quel divieto agli under 18 che mi pare eccessivo. Sul finale Roth, per come ha costruito tutta le pellicola, ha la possibilità di piazzare una dotta, affascinante e azzeccatissima citazione del Maestro George Romero e del suo ‘La Notte dei Morti Viventi’ (1968) ma svicola perseguendo altri obiettivi: peccato, dico io. Di sicuro gli avrebbe fatto guadagnare mezza stella.
Ma si sa, Eli Roth è un cattivo ragazzo e i cattivi ragazzi non fanno mai quello che ci si aspetta. Per fortuna, aggiungo.
di Maico Morellini
P.S: continua a inasprirsi la mia personale crisi con il doppiaggio italiano. Le pellicole falcidiate da doppiatori indegni hanno superato la doppia cifra. Mah.