VOTO:
Lo devo dire senza mezzi termini ma da Del Toro mi aspettavo decisamente di più. Non tanto dal punto di vista visivo, quando da trama, narrazione e coerenza della storia. Vero che il monolitico regista messicano ha dato del suo meglio con pellicole horror (‘Mimic’ – 1997, ‘La spina del diavolo’ – 2001 e ‘Il labirinto del fauno’ – 2006 e una menzione anche per ‘Blade II’ – 2002) e che le escursioni nel mondo fantasy hanno convinto solo a metà (i due ‘Hellboy’, 2004 e 2008) ma questo non giustifica la pochezza della componente narrativa di ‘Pacific Rim’.
La trama, in sintesi, è questa: sul fondale oceanico, tra vulcani sommersi ed eruzioni di magma, si apre un misterioso portale dal quale iniziano a fuoriuscire mostri alieni (Kaiju) che hanno il solo obiettivo di distruggere la razza umana. Per combattere queste creature tutte le potenze mondiali uniscono le loro forze dando vita ai Jaeger, immensi robot dotati di un potere devastante : saranno loro l’ultimo baluardo contro i Kaiju. E sarà grazie a loro se, sotto la guida del Marshall (Idris Elba) si potrà tentare un ultimo, disperato, assalto al portale nel tentativo di chiuderlo.
La trama è semplice ed efficace, soprattutto nei primi minuti del film: niente perdite di tempo e una chiara sintesi della situazione in cui noi, spettatori, veniamo catapultati.
I problemi, però, vengono dopo. Come dicevo Del Toro da un punto di vista dell’impatto ‘grafico’ sa il fatto suo e ‘Pacific Rim’ sotto questo aspetto regge alla grande il confronto con qualunque altra pellicola. Ma tutto quello che non è Jaeger, Kaiju o rissa tra i due finisce con l’andare alla deriva. Naufraga, insomma, nella pochezza dell’impianto narrativo.
Decisioni militari senza alcun senso (che portano alla distruzione di metà dei Jaeger del film in quattro minuti), ammiccamenti astrofisici inutili e persino fuorvianti, indizi buttati qua e là nel tentativo di dare consistenza alle botte da orbi che a intervalli regolari uomini e alieni si scambiano. Viene infilata nel calderone persino la soletta ambientalistica sull’uomo che è artefice dalla sua distruzione.
La bellezza della ‘stretta di mano mentale’ tra i piloti dei Jaeger (la macchina è così grande che richiede almeno due piloti, in sintonia perfetta, per essere guidata) non è sufficiente, e nemmeno così originale forse, da tenere alta l’attenzione narrativa portandomi a dire, più di una volta, ‘quand’è che si menano?’ con buona pace di motivazioni e dinamiche tra i personaggi.
Detto questo SE interpretate ‘Pacific Rim’ come una romantica citazione dei cartoni animati robotici (da Gundam in poi), SE credete che tutti questi difetti siano voluti e ricercati proprio per trasmettere il senso di semplice meraviglia dei gloriosi anni ’80, SE alla fin fine lo vedete come un film di intrattenimento il cui scopo ultimo è intrattenere senza se e senza ma, allora ‘Pacific Rim’ fa proprio al caso vostro.
Io dal 1993, dopo ‘Jurassic Park‘, non riesco più ad accontentarmi di qualcosa che visivamente funziona. Sono ‘Nolaniano’ di ferrò, per così dire, e per questo convinto che bellezza visiva e completezza narrativa non siano irraggiungibili, anzi. Insomma, Guillermo, ti rimando alla prossima volta.
di Maico Morellini