VOTO:
Questa recensione è stata pubblicata su Nocturno 120
Prendiamo un rozzo ma efficientissimo combattente, capace di tenere testa ai peggiori criminali, e diciamo che proprio questo energumeno per evitare una pena durissima viene arruolato per salvare la figlia del Presidente degli Stati Uniti. Questa si trova intrappolata tra bruti pericolosi in un territorio tanto irraggiungibile quanto ostile. La prima cosa che ci viene in mente è la pellicola targata John Carpenter, ‘1999: fuga da Los Angeles’ (1996). I presupposti dello sfortunato sequel, maldestra ripetizione della straordinaria pellicola che fu ‘1997: fuga da New York’ (1981) erano proprio quelli. Ma, caparbiamente, la produzione transalpina per eccellenza, sponsorizzata da Luc Besson (che ha sceneggiato e prodotto il film), ha comunque tentato il colpaccio proponendo qualcosa di simile. Qui l’agente segreto Snow, interpretato da un Guy Pierce che meglio di così non poteva fare, viene incastrato per un omicidio non commesso. La pena, trent’anni da scontare nella prigione spaziale di MS-ONE, potrà essere condonata se Snow riuscirà a liberare la figlia del Presidente, intrappolata proprio nel carcere per alcune tragiche fatalità. Le assonanze non si limitano alla trama: lo stesso Snow, trapiantato dall’hard boiled americano alla Philip Marlowe, è un condensato di battute e durezza come lo era Jena Plissken (sebbene un po’ meno faccia tosta).
I pregi, purtroppo, si limitano quasi tutti all’interpretazione di Pierce e al preciso lavoro che Peter Stormare, seppure nel ruolo secondario di direttore della CIA, riesce a fare. E al fatto che comunque, in un modo o nell’altro, la pellicola riesce a non annoiare mai del tutto. MS-ONE, come struttura e scenografia, scimmiotta le più abusate ambientazioni cyberpunk e, seppure sia facile notare la mano francese nelle scene d’azione abbondanti e a tratti eccessive (‘Taxxi’ (1998) e ‘Il Quinto Elemento’ (1997)), questa non è sufficiente per sdoganare ‘Lockout’ da qualcosa di già visto. Seppure si saluta con interesse il ritorno alla fantascienza della Francia, che da un decennio non si cimentava in una grossa produzione di questo genere, il rammarico per l’occasione mancata e più forte anche se la delusione per il recentissimo Lucy (2014) in qualche modo riesce a rivalutare un film come questo. La sottotrama spionistica è maldestra e si perde nel tentativo non troppo convinto di citare, forse omaggiando, tanti film americani che condividono qualcosa con Lockout (‘Alien 3’ (1992) nel migliore dei casi, ‘Con Air’ (1997) e ‘Demolition Man’ (1993) nel peggiore). E ancora la critica alla condizione dei detenuti più un spruzzata di sperimentazione su cavie umane, non a caso carcerati, è decisamente troppo superficiale. A chiudere una pellicola per niente sorprendente la prevedibile love story tra Snow e la figlia del Presidente.
L’inesperienza del duo di registi, che all’attivo hanno solo un corto, può essere parziale giustificazione ma non lo è la presenza di Luc Besson sia nella produzione che nella sceneggiatura.
di Maico Morellini