VOTO:
Alla fine, è arrivato. Il manifesto dell’amore che Nolan nutre nei confronti dello spazio, della fantascienza e dell’uomo è sbarcato nelle nostre sale pochi giorni fa e ha lasciato il segno. Premetto che ‘Interstellar’ non è il miglior film di Nolan per un semplice motivo: questa volta il regista inglese non è riuscito a tenere lontano il suo cuore dalla regia. Accanto alla sua sublime tecnica cerebrale, questa volta si è insinuato anche il cuore di un uomo che da sempre sogna le stelle. Questo fa di ‘Interstellar’ un film riuscito a metà? Per niente. E’ e resta un capolavoro.
Il futuro che ci attende è distopico: una piaga sta massacrando le grandi coltivazioni di grano per poi attaccare quelle di mais. Un micidiale organismo che minaccia anche di consumare tutto l’ossigeno dell’atmosfera finendo con il soffocare, letteralmente, la razza umana. In più tremende tempeste di sabbia sferzano il globo causando letali malattie polmonari. L’uomo si è rassegnato: al posto di ricercatori e ingegneri aerospaziali vengono istruiti agricoltori. I libri di testo negano l’allunaggio, le missioni spaziali e tutto quello che ha avuto a che fare con l’esplorazione del cosmo. Cooper (Matthew McConaughey), un ex pilota reinventatosi agricoltore, continua a sognare lo spazio e a sperare in una vita lontana dalla morente palude terrestre. Quando un misterioso ‘fantasma’ lascerà a lui e alla figlia Murph (nella sua versione adulta, Jessica Chastain) le coordinate della quasi dismessa NASA, le cose cambieranno: Cooper verrà reclutato come pilota per una missione spaziale. Lui, la figlia di Brand (Anne Hathaway) e altri due membri dell’equipaggio dovranno attraversare un Wormhole creato da misteriosi essere multidimensionali alla ricerca di un nuovo mondo abitabile mentre il professor Brand, sulla Terra, cercherà di completare i suoi studi per il lancio di una stazione orbitante in grado di salvare quanti più terrestri possibile. Con il viaggio di Cooper, inizia anche la nostra odissea verso lo spazio.
Tutte le pellicole di Nolan sono caratterizzate da uno stesso motore: lo sviluppo di una ossessione molto umana inserita in un dettagliato contesto narrativo, che racconta anche altre storie. Interstellar non fa eccezione: ma questa volta l’ossessione è quella del regista per lo spazio. Il suo viscerale amore per l’esplorazione di altri mondi che, a lui come ad altri della sua generazione e di quelle successive, è sempre stata negata (ne ho parlato più in dettaglio in questo articolo).
Tutto il film, al di là delle teorie scientifiche basate sul lavoro dell’astrofisico Kip Thorne, è una grandiosa metafora di questo amore che Nolan trasforma nell’amore di Cooper per la figlia, nell’amore del professor Brand per la specie ‘uomo’, e nell’amore dell’intero equipaggio per lo spazio, dipinto come un luogo nel quale ognuno porta con sé solo ciò che possiede e che è (citazione di Yoda e delle sue parole rivolte a Luke:”Solo ciò che con te porterai”). La gravità e l’amore, in ultima analisi, sono le uniche due forze in grado di viaggiare attraverso lo spazio e il tempo. Ma, ripeto, un amore che non può e non deve essere banalizzato con la lettura univoca di quello che Cooper nutre per la figlia. E’ un sentimento più complesso, un’emozione anche negativa a causa della quale il ‘migliore di noi’, il professor Mann (Matt Damon), riscopre un egoismo letale: ama la Terra, ama la sua vita, ama il volto di ogni altro essere umano ed è disposto a tutto pur di non restare isolato nella sua tetra solitudine.
Nolan omaggia Kubrik e il suo 2001, omaggia Star Wars con riconoscimenti estetici e tecnici che poco hanno a che fare con la filosofia del film: non cerca un confronto diretto, ma si limita a celebrare capolavori che lo hanno segnato. C’è tanto di Nolan in Interstellar, c’è tanto della sua generazione. Ci sono gioielli estetici, come il tesseratto multidimensionale nel quale Cooper vede ogni singolo istante di un unico ambiente, un costrutto fantasioso e fantascientifico. Non è un caso che sia un libreria, cuore del sapere umano, e vi invito a recuperare alcuni dei titoli che vengono mostrati al suo interno.
E c’è il messaggio finale del film, straordinario e catartico: l’uomo si riappropria, finalmente, dello spazio. Lo fa grazie all’uomo e non a strane forme di vita aliena (nessuno mi toglie dalla testa che gli esseri multidimensionali siano l’evoluzione della colonia fondata dalla Brand e da Cooper, uomini cresciuti su un pianeta così vicino a un buco nero da penetrarne i segreti molto prima degli avi terrestri). E’ una nuova celebrazione dell’essere umano per l’essere umano. Credo non ci messaggio più bello che Nolan potesse lasciarci, in un presente palustre e paludoso, nel quale il web sembra essere l’unica realtà alternativa a una Terra materiale e sofferente.
No, non è il miglior film di Christopher Nolan. Ma è il più sincero. Ed è una stupenda eredità che siamo moralmente costretti a raccogliere.
di Maico Morellini