Sgombriamo subito il campo da facili fraintendimenti: non sto parlando della possibile presenza di un non-morto come concorrente alla prossima edizione del grande fratello. Anche perché, e lo dico senza timore di smentita, ho come l’impressione che non sarebbe proprio una novità. Chiarito di cosa non ci vogliamo occupare, andiamo nel vivo di questa breve recensione. Una delle tendenze che si è andata via via rafforzando negli ‘zombie movie’ proprio a partire dal 2005 (data di uscita del romeriano ‘La terra dei morti viventi’) è stato l’approccio laterale all’invasione dei morti-viventi. Non più pellicole incentrate su come il mondo reagisce alla minaccia degli zombi, ma spaccati di come ecosistemi ridotti si rapportano all’imponderabile prosperare dei mangiatori di uomini (penso a ‘L’Orda’, ‘Diary of the dead’, ‘Survival of the dead’, etc).
Quando si parla di zombi, cinematografici o meno, è impossibile non prendere come punto di riferimento Geroge A. Romero che ha trasmutato lo zombi da haitiano a quello occidentale delle ‘zombie walk’ (anche noi in Italia abbiamo avuto la nostra prima marcia dei morti viventi a Reggio Emilia, il 26 febbraio 2011) e protagonista di una vasta filmografia di mangiatori di uomini.
[rating:5]
Dan Simmons non è uno scrittore 'occasionale', non è un turista della narrativa e non è un semplice mestierante. Ne sono e ne ero ben consapevole. Eppure, lo ammetto, non ero pronto a qualcosa di così complesso, completo e accattivante come 'Drood'. Al tempo già ero innamorato della rivisitazione storica, in chiave fantastica, della Londra di 'Jonathan Strange e il Signor Norrell' ma l'affresco vittoriano del 'Gran Forno' dipinto da Simmons in 'Drood' è qualcosa di molto superiore, che lascia senza fiato. Di sicuro complice dell'autore sono le mie aspirazioni letterarie che mi fanno apprezzare da addetto ai lavori lo sforzo creativo dietro un romanzo come questo.