“Sterminare tutti i pensieri razionali, questa è la conclusione alla quale sono giunto”
William Lee, Il Pasto Nudo
David Cronenberg usava queste parole per raccontare il percorso di distruzione della realtà de Il Pasto Nudo (per chi avesse dieci minuti, ne ho parlato in dettaglio qui), io le prendo in prestito per tracciare un ipotetico confine del linguaggio che temo sia già stato oltrepassato.
Negli ultimi mesi ho avuto la spiacevole sensazione, che poi è diventata certezza, di una frattura profonda in quello che dovrebbe essere il normale modo di comunicare. Mi sono reso conto di non avere più gli strumenti per spiegare il mio pensiero a chi assume posizioni molto differenti dalla mia, di non trovare un terreno comune di confronto. E non sto parlando di convincere della bontà delle mie opinioni, sto parlando di riuscire a trasmettere la mia idea in modo efficace, di far capire cosa penso.
Razzismo, fascismo, buonismo, empatia. Parole importanti, con un peso specifico molto elevato, che però vengono completamente destrutturate nel momento in cui si trovano un # davanti. L’approdo sui social le priva del loro potere, della loro storia. Rimbalzano in decine di migliaia di contesti dalle più svariate accezioni. E’ come ripetere centinaia di volte una parola: alla fine questa perde significato e di lei non resta che un suono spogliato di ogni emotività.
Vedo succedere questo. Lo sterminio dei pensieri razionali avviene ogni volta che un trending topic disseziona la parola trasformandola in qualcosa di diffuso e diffondibile.
Concetti importanti vengono utilizzati con disinvoltura tanto da trasformare tutto nel contrario di tutto. Le parole hanno potere e devono essere impiegate nel modo giusto, nel contesto giusto, con il peso giusto. Se dico ‘razzismo’ o ‘fascismo’, se dico ‘buonismo’ o ’empatia’, questi concetti dovrebbero incasellarsi immediatamente in un posto condiviso e comune nella testa dei miei interlocutori.
Non è più così. L’abuso ha privato i concetti del loro potenziale. Stanno sparendo le basi di una comunicazione condivisa perché i mattoncini sui quali è possibile edificare il confronto si stanno sgretolando uno dopo l’altro.
Questa cosa mi preoccupa molto perché al netto di sacrosante opinioni differenti, se non si riesce nemmeno a spiegare il proprio punto di vista, si entra in un vicolo cieco evolutivo, almeno dal punto di vista sociale.
Possibile che il linguaggio per come lo conosciamo abbia raggiunto il suo apice massimo e adesso si stia contraendo diventando un ostacolo al progresso? E se così fosse, quali sono le alternative?
1 Comment
Steffy
Mettiamola così: il nostro attuale linguaggio penso sia adatto per un certo tipo di dialogo, quello scritto tra due persone o quello parlato tra due o più persone presenti in uno stesso luogo. Ma per quel dialogo che oggi si ambisce ad avere, chiamiamolo ‘collettivo’ penso che serva altro. Se questo ‘altro’ è alla nostra portata rimane da vedere, ma porsi le domande è sempre un passo avanti. Io non ho parole che possano descrivere le possibili alternative che chiedi, so soltanto che la mia mente ‘splende’ quando cerco di immaginarle. Vedi mai che sia proprio una delle strade percorribili. Che dici?