Dopo l’ottimo Dead Set di qualche anno fa ho deciso di impegnare un po’ del mio tempo in un’attività alla quale normalmente mi concedo molto poco: le serie tv. E da appassionato horror ho pensato di farlo incrociando i guantoni con la seconda stagione di ‘American Horror Story’ (lo ammetto, la prima non sono riuscito a recuperarla) in onda su Sky.
Premetto che per il momento ho visto i primi tre episodi e che quindi la valutazione complessiva della stagione richiederà un supplemento, tra qualche settimana.
American Horror Story nasce dalle penna di Ryan Murphy e Brad Falchuk, già eminenze grige di serie televisive quali Nip/Tuck e Glee e che quindi ben sanno come mettere insieme gli ingredienti adatti ai tempi televisivi. La struttura narrativa, per il momento, si concede una percentuale di autonomia dei singoli episodi, seppure esiste ed è ben solido un filo conduttore trasversale alle singole puntante. Ma entriamo nel vivo.
La stagione ‘Asylum’ (suffisso con il quale si distingue dalla precedente ‘Murder House’) è ambientata nel 1964 presso l’Istituto di igiene mentale di Briarcliff dove con pugno di ferro e con sistemi degni dei più cupi anni sessanta, Sorella Jude (Jessica Lange), si occupa della malattia mentale dei suoi pazienti. Puritanesimo e ripudio della diversità sono le fondamenta della casa di cura insieme a una ferrea dottrina religiosa incarnata anche da Monsignor Timothy Howard (un invasato Joseph Fiennes), fondatore dell’istituto. In realtà Briarcliff nasconde un’anima ancora più oscura, incarnata dal Dottor Arthur Arden (un James Cromwell in grandissimo spolvero) che mostra un interesse morboso sia per il sesso che per devianze macabre della medicina che il suo ruolo incarna (molto difficile non odiarlo, grazie anche al lavoro magistrale di Dario Penne, nel doppiaggio).
In tutto questo c’è un ponte con il nostro tempo dove, tra le rovine di Briarcliff, ancora si aggirano sanguinarie e deformi surrogati di uomo. Un debole legame destinato però a rafforzarsi puntata dopo puntata per condurci … dove?
Il cast funziona molto bene (anche Zachary Quinto, arrivato direttamente da Star Trek, se la cava alla grande nel ruolo dello psichiatra emancipato, uno dei pochi personaggi positivi) e le atmosfere riescono a stendere un limaccioso velo di inquietudine su ciascuno dei personaggi di Asylum. In contrasto con la rigidità morale degli anni sessanta ci sono sia alcune patologie dei pazienti, sia la distorsione ancora più inquietante adoperata da chi, invece, i pazienti dovrebbe curarli. Ciascuno dei protagonisti possiede lati oscuri, o ereditati in misura minore dall’epoca in cui vivono, oppure esaltati da una predisposizione al male (innata o acquisita che sia).
In questo, qualche volta, gli sceneggiatori esagerano alternando il riuscito tentativo di infondere un senso di macabra realtà con avvenimenti nostrani del più classico degli horror (uno sopra tutti, l’Esorcismo). Il Diavolo come può rapportarsi alla malvagità umana, se questa è così presente e forte da soverchiare la sua? L’eccessivo grigio/scuro che colora ogni cosa in Asylum finisce con lo smorzare anche tonalità che dovrebbero essere ben più forti. A meno che, e lo lascio come punto interrogativo a cui sarò felice di trovare una risposta, non sia proprio questo l’intento degli sceneggiatori. Resta però il rischio di tratteggiare troppo negativamente ogni protagonista, finendo con l’allontanare lo spettatore da un’empatica che invece potrebbe essergli richiesta.
C’è un costante ma mai invadente grido di condanna in Asylum, un grido che vuole denunciare il potere assoluto detenuto dai manicomi nei confronti dei pazienti quando ancora la malattia mentale era trattata con crudeltà e ignoranza. E’ così amalgamato con l’odiosa malvagità dei vertici di Briarcliff che lo percepiamo senza sentirlo mai come un messaggio forzato.
Insomma, all’alba del quarto episodio sulla scacchiera abbiamo: il Diavolo (o chi per lui), un assassino seriale, un misterioso oggetto tecnobiologico ospitato da uno dei pazienti e deformi essere umani che si cibano di cadaveri a guardia del bosco intorno a Briarcliff.
La mano è servita, non resta che vedere come verrà giocata. Intanto, a voi un assaggio.