Le configurazioni iniziali della curva frattale offrono scarse indicazioni sulla struttura matematica sottostante.
(Ian Malcom)
La vita, si sa, è fatta di spartiacque. Eventi eccezionali (o banali) che chiudono un capitolo e ne aprono un altro cambiando il nostro modo di percepire la realtà e di relazionarci con essa. Questa regola vale anche per il cinema, un insieme di mille vite vissute attraverso i milioni di personaggi del grande schermo.
Questo 2013 ci troviamo a festeggiare una di queste ricorrenze: sono passati poco meno di vent’anni da quando Spielberg (ancora in una verdissima epoca dorata) decise di trasporre sul grande schermo il best seller letterario ‘Jurassic Park’, di Micheal Chrichton (1990). Già il romanzo era stato un caso, grazie alla penna affilata e chirurgica di Chrichton capace di unire scienza e narrazione in modo sbalorditivo. Teoria del Caos, clonazione, frattali e tematiche complesse trattate con chiarezza e in modo avvincente: a titolo personale, Jurassic Park catalizzò i miei interessi per almeno un lustro. Per questo l’idea di un film tratto da quel libro così perfetto mi affascinava e spaventava al tempo stesso.
Come si poteva ricreare in modo convincente Isla Nublar e il grande parco divertimenti della Ingen? Come era possibile replicare la maestosità dei dinosauri sul grande schermo e raccontarci i segreti della clonazione senza perdersi nei tecnicismi? In che modo la complessità della teoria del caos, tratteggiata in modo così convincente sulle pagine del libro, poteva piegarsi ai tempi cinematografici senza perdere il suo enorme fascino?
Da un certo punto di vista, in effetti, non poteva. Il cinema ha ritmi e tempi diversi ma Spielberg, da grande maestro quale era (o è, a voi la scelta) decise di non seguire la strada dell’emulazione. Prese il capolavoro di Chrichton, fece un po’ di taglia e cuci, e confezionò una pellicola destinata a cambiare la storia del cinema. O almeno la percezione che fino a quel momento il pubblico aveva del cinema. Attenzione: Jurassic Park non è esente da difetti e per diversi aspetti non lo definirei uno dei migliori film mai realizzati.
Perciò a cosa mi riferisco, nel dettaglio? Al vero miracolo compiuto dal regista de ‘Lo Squalo’: l’ingresso spettacolare, realistico e straordinario della computer grafica (CGI) sulla scena di un film. La CGI, per la prima volta, fu uno dei protagonisti assoluti insieme al miliardario John Hammond e a tutti gli altri personaggi. Quando parlo di spartiacque mi riferisco proprio a questo. Nel 1993 avevo sedici anni e già la mia spina dorsale cinematografico/televisiva si era irrobustita grazie a Star Wars e Star Trek perciò avevo aspettative, e avevo timori rispetto al realismo che Jurassic Park sarebbe stato in grado di trasmettere.
Tutte le mie paure erano destinate a dissolversi come neve al sole. L’espressione del dottor Grant (uno straordinario Sam Neill) quando vede per la prima volta i brontosauri è la stessa che avevo io al cinema. Il terrore negli occhi di Tim e di Lex quando il T-Rex esce dal recinto, durante la tempesta, lo viviamo anche noi. E, dopo questi due gioielli, tutto è una festa per gli occhi. Dinosauri, ovunque. Dinosauri in CGI che si fondono con il paesaggio in modo perfetto: solo gli animatroni vecchia scuola risultano accordi un po’ stonati nella melodia complessiva del film.
Lo ricordo nitidamente: dopo Jurassic Park gli effetti speciali hanno smesso di essere uno dei parametri che potevano trasformare un film mediocre in qualcosa di più. Ci ha fatto sognare e al tempo stesso ci ha risvegliato in modo brusco ma straordinario: dal 1993 in poi le cose sono cambiate. Con la CGI sarebbe stato possibile fare di tutto, realizzare qualunque cosa, far rivivere creature dimenticate o creare nuovi mondi persino più reali del nostro.
E questa è diventata un’arma a doppio taglio, che non tutti i registi sono stati in grado di impugnare dalla parte giusta. Se un tempo sarebbe bastata impegnare tempo e risorse negli effetti speciali per garantire una maggiore sospensione di incredulità (e un successo più grande), tralasciando magari altri aspetti, dopo Jurassic Park no: è possibile creare o ricreare qualsiasi cosa con un realismo incredibile.
Ma le belle storie, quelle, non si saziano solo di Computer Grafica.