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Intelligenze artificiali?

Tempo di lettura: 5 minuti

Premessa: questo NON è un attacco al mondo social, NON è un attacco ai suoi utenti e NON è nemmeno una recrudescenza web 1.0 di uno che, tra l’altro, fa l’informatico di mestiere. Sono un utente mediamente compulsivo di Facebook, di Twitter e di Instagram perciò sarei sciocco a sputare nel piatto in cui mangio. E non ne ho alcuna intenzione. I social network hanno una miriade di caratteristiche positive: consentono di restare in contatto con persone lontane, hanno creato tanti posti di lavoro, permettono di raggiungere contenuti a volte nascosti nei meandri del web. Più tante altre cose che non sto a elencare.
Ma come in tutte le cose ci sono anche aspetti magari meno appariscenti che secondo me nuotano in acque decisamente più ambigue.
Assunto di base: i social network, per definizione, servono a socializzare e la socializzazione è una forma di comunicazione a doppia, tripla o multipla mandata. Se volessimo fare un ulteriore passo logico, lo scambio di informazioni tra più persone è forma di interazione sociale.
Corollario: socializzare richiede tempo. Sui social chi ha più tempo scrive contenuti originali, chi ha meno tempo condivide idee altrui, chi non ne ha legge e piazza like, cuori o stelline sulle cose che apprezza di più.
Dato di fatto: i social sono veloci. Hanno dinamiche molto snelle e le notizie scorrono rapide. Qualsiasi evento rimbalza sui social network praticamente in tempo reale e poi, a seconda della gravità/importanza, ha una vita media che va da un paio d’ore (per eventi di medio interesse) a un paio di giorni (per eventi dall’enorme impatto emotivo).
Sui social, va da sé, vengono espresse opinioni. Chi li bazzica sa che più è breve il concetto che si vuole esprimere, più è facile essere letti e di conseguenza scatenare interazioni, che sono poi il motivo per il quale noi tutti stiamo su Facebook o su Twitter.
Perciò, riassumendo, decine di migliaia di pareri distillati che quasi in tempo reale esprimono un giudizio binario su qualunque evento. Zero o uno. Buoni o cattivi. Bene o male. E tutte le sfumature più o meno volgari di questo dualismo.
Ma che cosa voglio dire in sostanza? Facciamo un esempio.
Io arrivo su Twitter mezz’ora dopo un certo avvenimento e già mi vengono offerte una serie di opinioni che di fatto non mi lasciano il tempo di elaborare la notizia in modo neutro. Che opzioni mi restano? Tre, per come la vedo io:
A) voglio esprimermi, ma sono costretto a farlo in poco tempo. Le notizie scorrono veloci e se mi interessa che qualcuno legga la mia opinione (e siamo sui social per quello) devo concretizzarla in poco spazio e in poco tempo. Molto complicato.
B) faccio mia la filosofia binaria. Assumo una posizione che già altri hanno manifestato e abbraccio quel concetto. Poi lo ripropongo a modo mio. In sostanza, altri hanno pensato per me e io mi faccio portatore di quel pensiero. Gli cambio vestito, ma la sostanza è quella. Decisamente più comodo.
C) scelgo l’oblio ma comunque ho inspirato a pieni polmoni l’opinione che Twitter ha su quell’argomento. Non contribuisco ma in modo del tutto irrazionale ho sviluppato l’embrione di un parere rimasticato da altri. Ancora più comodo ma così facendo, mio malgrado, non sono ‘social’.

L’opinione che Twitter ha su quell’argomento“. E qui c’è il salto logico. Perché Twitter ha davvero una sua opinione. Non come intelligenza artificiale indipendente, ma in quanto aggregatore emotivo che grazie a qualche algoritmo più o meno raffinato (se volessi essere malpensante direi più o meno fazioso) mostra una serie di pareri senza volto, una sequela di micropensieri travolgenti che ci tolgono dall’imbarazzo di dover raffazzonare un’opinione nostra.
Emotivamente proviamo un grande sollievo: “Ehi, è successa questa cosa, so più o meno di cosa si tratta, e ho anche un parere in merito. Meno male perché tra un’oretta al massimo capiterà qualcos’altro e DEVO essere pronto“.

Sto esagerando? Forse sì. Ma il rischio che suo malgrado Twitter (il discorso vale anche per FB, seppure con dinamiche un pochino diverse) diventi una simil-intelligenza artificiale schizoide secondo me c’è. Raccoglie opinioni e le propaga in tutto il mondo, senza filtro e con dinamiche la cui complessità temo non sia alla portata di tanti (me compreso). Anzi. E poco importa se non sono opinioni sue. Per comodità appaltiamo a un social la responsabilità di doverci indignare o esaltare per qualcosa perché così abbiamo più tempo per informarci potendo saltare alla notizia successiva, rapidi ed efficienti.
Ecco. Il principio è questo. Grazie ai social (o meglio, ANCHE grazie ai social) abbiamo un mare di informazioni senza però avere il tempo di elaborarle come si deve. La fregatura è che il pacchetto completo è composto da fatto-opinione, un frankenstein informativo le cui componenti (fatto e opinione) non sono facilmente distinguibili. Citandomi, una “Infoidea“: fatto e analisi coniugati in un pacchetto dati ad altissima digeribilità.
La fortuna è che con il tempo necessario a disposizione, con la voglia e con un minimo di capacità possiamo verificare tutto nei più piccoli dettagli. Ma mentre cerchiamo di risalire alla sorgente, mentre proviamo a decifrare il mostruoso costrutto, il mondo corre in avanti e verrà prima o poi il momento in cui anche noi metteremo un like, ritwitteremo o scriveremo sull’onda di una suggestione o di un suggerimento esterno.

E quindi i social sono un male? Assolutamente no. I social sono e restano una grande opportunità. Ma le dinamiche di funzionamento che li determinano non solo definiscono il modo con il quale diffondere i contenuti, iniziano anche a trasformare i contenuti stessi. O meglio, trasformano la percezione dei contenuti: rischiamo di non essere più abituati a riconoscere una notizia in quanto tale. Ma necessitiamo a tutti i costi di trasformarla in una Infoidea, ci sentiamo costretti a dare un peso morale immediato a ogni cosa perché pensiamo siano i social a richiederlo.
E’ questa una nuova forma intelligenza artificiale?
di Maico Morellini

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2 Comments

  • Angelo F.
    Posted 9 Settembre 2016 at 13:06

    Ciao Maico.

    Hai espresso bene una sensazione che ho sempre più spesso.
    Mi vengono in mente dei racconti di Asimov, in cui gli alieni studiavano la razza umana perché, a differenza delle altre specie intelligenti, quando si mettono insieme più di cinque persone, queste la smettono di comportarsi razionalmente: ragion per cui l’umanità è soggetta al panico di massa. Credo che qualcosa di simile accada sui Social Network

  • Post Author
    Maico Morellini
    Posted 9 Settembre 2016 at 13:29

    Ciao Angelo,
    grazie del commento.

    Hai ragione, l’uomo ha logiche del tutto illogiche (passami il gioco di parole) nel manifestare la necessità di una vita comunitaria.
    Basta vedere la voglia di appartenere a qualcosa, di poter condividere delle passioni: pensa ai Pokemon, o alle crociate che nascono e muoiono di continuo sui social.
    Ci siamo allontanati da una frequentazione fisica dei nostri simili ma paradossalmente il desiderio di condivisione è aumentato.
    Ed è qui che si innestano i meccanismi 2.0.

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