Oggi è la Giornata della Memoria. Un giorno nel quale ricordare, in ogni modo e forma, quanto accaduto non così tanto tempo fa, sulla soglia di casa nostra. Quanto successo nel cuore dell’Europa. Quell’orrore che sembra sempre più difficile identificare per quello che è: una mostruosità che dovrebbe solo essere presa come monito. Che dovrebbe essere ricordata con religioso terrore, come qualcosa che è successo non per una misteriosa ondata di follia collettiva quanto perché l’uomo ha un’anima oscura che può essere manipolata, corrotta, esaltata. Un monito, quindi. Un monito che dovrebbe rintoccare sulle nostre coscienze sempre e ogni volta, anche senza bisogno ricorrenze.
Il problema è la presa che il passato ha sul presente. Una presa sempre più debole, fragile, traslucida ed eterea. Il problema è l’interesse che il futuro ha nel presente. Un interesse altrettanto debole, fragile e traslucido. Come possiamo imparare qualcosa dal passato, come possiamo rispettare ciò che è accaduto se non ci interessa niente di quanto potrebbe accadere?
Per questo oggi, al netto delle consuete e stupide polemiche di bandiera, al netto della follia del revisionismo, c’è una minaccia più sottile che secondo me vale la pena ricorda in questo giorno della memoria. Una minaccia che ha la terribile forza di un’equazione.
Il presente è vorace. E’ vorace per la sua pervasività, per il tributo di tempo che richiede, per tutte le trappole che la contemporaneità ha posto sul nostro cammino (social, ciclicità delle percezione del tempo, e altre). In più ci sono meccanismi che ci illudono di poter intervenire sul presente, di poterlo cambiare: utopia. Il presente non si cambia. Si comprende. Solo il futuro può essere cambiato.
Perciò abbiamo un presente vorace che promette meraviglie a basso costo. Abbiamo un passato su cui riflettere ma il pensiero è dispendioso. La riflessione non si monetizza in emozione immediata, in tweet, in like o in condivisioni. La riflessione vera è solitaria e i suoi effetti non sono adatti alla velocità dell’oggi. E abbiamo un futuro lontano, incerto, distante e poco interessante.
Per questo la memoria è importante. L’unica costante dell’equazione che dovrebbe (e deve) avere un grande peso specifico. Il futuro per definizione è un’incognita e il presente, di conseguenza, dipende dal peso specifico del passato.
In questo condizioni, in un oggi divoratore di tempi, modi, idee e concetti, perdere il contatto con ciò che è stato mette in pericolo il futuro in un modo che credo non possiamo nemmeno immaginare. Se il passato non insegna, a cosa serve? Serve solo quando la caligine dei ricordi ci fa dimenticare cosa davvero abbiamo provato e trasforma lo ieri in una nebbiosa commistione di meraviglia, nostalgia e bugie. E’ in quella nebbia che prosperano errori, storture, malattie e deformi percezioni.
Per questo il sonno della memoria genera mostri: ricordiamolo, ricordiamolo sempre.
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