Strategia. Anzi assenza di strategia. Anzi, ancora meglio: assenza di strategia come strategia. Sembra questo il timone della fase 4 dell’MCU, denominatore comune delle pellicole che ne fanno parte (Black Widow, The Eternals, etc etc). D’altra parte, è più che comprensibile. Dopo il rush creativo culminato nell’assoluto unicum che risponde al nome di Avengers: Endgame, era inevitabile rifiatare, raccogliere le idee e capire cosa fare ‘da grandi’. Questo secondo capitolo dedicato al Doctor Strange paga il salato prezzo del post blip, come se lo schiocco di dita di Thanos avesse fatto sparire anche il 50% delle buone idee disponibili.
Riassumo la trama [QUALCHE VAGO SPOILER]: Strange cerca di proteggere America (?!), una ragazza che apre portali a forma di stella (e strisce) nel Multiverso e che proprio per questo suo potere fa molta gola a Wanda Maximoff (diventata la Scarlet Witch in WandaVision). Accedere al Multiverso permetterebbe a Wanda di avere ciò che le è stato strappato a Westview. Che cosa? Cosa può mai volere una giovane donna in barba a tutti i tentativi di emancipazione degli ultimi due secoli? Ma dei figli! [FINE SPOILER]
Perciò, cosa puoi fare se non hai grandi idee, se hai qualche appiglio da sfruttare (il già citato WandaVision, per esempio mentre si ignora il plot ben più complesso di Loki) e se ti ritrovi a metà del guado, quando entrambe le sponde sono alla stessa distanza? Ibridare. Contaminare. Chiamare un grande regista esperto di horror, affidargli streghe e stregoni e vedere cosa succede. Perciò ecco che arriva Sam Raimi al quale viene permesso di mescolare il suo horror con la quota parte disponibile dell’MCU più libera da compromessi: un universo magico e pronto a un colonialismo estetico scevro di compromessi, quello di Strange, di Wanda, del Darkhold e di tutto quello che ci sta in mezzo.
È, sostanzialmente, un trucco di prestigio. Innesto Raimi e parte del suo bagaglio in un metaverso narrativo che fino a questo momento aveva ben poco di horror e mentre lo spettatore è impegnato a stupirsi, a cercare citazioni, a ritrovare (o riscoprire) cose del tempo che fu, a ubriacarsi di magia nera, di corruzione e di multiversi, ecco che porto a casa una pellicola il cui scheletro, se spogliato dai muscoli magici e dal tessuto connettivo del whatif, è in realtà una fragile impalcatura di cartilagine. Perché in conclusione, il Multiverso della Follia, arriva e fine giornata lavorativa certo di essersi guadagnato la paga. Magia, Dimensione Specchio, horror, personaggi ripescati da alcune serie-tv, una visione piuttosto manichea del cosa voglia dire essere madre. Il tuo mescolato, non shakerato. Rigorosamente.
Di fatto, l’ennesimo calcio della lattina verso la Fase 5. Forse un calcio meglio piazzato, che assolve al compito di sbarazzarsi di alcuni personaggi e di presentarne di nuovi in maniera più convincente di altri suoi predecessori (penso alla serie su Occhio di Falco o a Black Widow, prodotti davvero fragilini), ma di questo si è trattato. Qui lo scopo non era raccontare una bella storia, lo scopo era avvicinarsi (e avvicinare) di un passo a quello che verrà, farlo senza troppe pretese, senza armi affilate a disposizione. Tanto che le parti più memorabili sono quelle che di fatto non raccontano nulla della storia in essere. I Fantastici 4 stanno per rientrare nell’MCU dopo gli anni di esilio in casa Fox? I figli dell’atomo, gli X-Men, stanno per fare lo stesso? Pillole, anticipazioni. Elementi trattati in modo grossolano il cui scopo non era migliorare la storia ma suggerire storie che verranno.
Ci sono cose positive? Certo che ci sono. La prima, è, appunto Raimi. L’horror, o almeno un horror, può essere ospitato tra le pagine dell’MCU. Basta saperlo maneggiare. La seconda è il tema ricorrente della solitudine dell’eroe. Cosa, questa, vista nell’ultimo Spider Man in maniera molto netta e qui declinata nell’impossibilità di essere felice di Strange. Un’infelicità cosmica, la sua. Totale. Che si propaga tra gli universi.
Salvo poi essere distrutta dalla scena post-credit in cui, probabilmente, troverà il suo vero amore. Come dicevo, si naviga a vista.