Causa ed effetto. La rotta su cui abbiamo tenuto fisso il nostro timone per interi secoli. E’ l’analisi degli effetti alla base di ogni ragionamento condiviso che ci ha portato fin qui. Una mela cade da un albero: ecco l’effetto. Ma quale è la causa? Newton se lo è chiesto qualche secolo fa ed ha formulato le sue teorie.
Estendendo il concetto, potremmo dire che alla base del ragionamento scientifico c’è il legame indissolubile tra causa ed effetto, tra i motivi che da una portano all’altro. Quindi, per descrivere e definire le cose materiali, causa ed effetto funzionano perfettamente. Ma quando si parla di esseri umani? Quando aggiungiamo l’imprevedibile variabile ‘uomo’ a una sequenzialità di causa ed effetto tutte le confortevoli leggi che abbiamo definito nella nostra storia millenaria valgono ancora?
Asimov pensava di no e di sì allo stesso tempo. Hari Seldon con la sua psicostoria era riuscito ad applicare leggi matematiche e numeriche ai flussi umani arrivando persino a poter prevedere, con una certa precisione, il futuro. Noi non siamo così fortunati, non abbiamo il professor Seldon dalla nostra parte perciò cerchiamo di spiegare il presente con gli strumenti che fino a questo momento ci hanno portato fortuna: causa ed effetto, per l’appunto.
Ma il mondo si è molto complicato negli ultimi decenni. La tecnologia ha subito una violenta accelerazione e come dice Baricco nel suo libro The Game (tutta questa riflessione scaturisce direttamente dalle prime pagine perciò il merito di queste parole è quasi tutto suo, non mio), è una delle prime volte in cui una rivoluzione tecnologica impatta in maniera così forse anche sul nostro modo di pensare, sul quotidiano flusso di comunicazione, pensieri, abitudini e interrelazioni. Social network, flussi di informazioni, gestione di tempo e spazio. Tutte cose che nessun (o quasi nessun) autore di fantascienza aveva predetto con largo anticipo.
Tutto questo per dire cosa? Tutto questo per dire che, come suggerisce Baricco, dobbiamo spostare il nostro baricentro mentale. Dobbiamo uscire dalla confortevole trappola di causa ed effetto, un caldo ventre concettuale nel quale ci siamo adagiati troppo a lungo. Lo cito di nuovo, non dobbiamo quindi chiederci che effetti possono avere i social su di noi, che effetto ha il flusso di informazioni in tempo reale che ci travolge ogni giorno, che effetto ha una condivisione pressoché costate di tutto ciò che facciamo.
Ricapitolo. Causa: social, rivoluzione tecnologica, rivoluzione digitale. Effetto: noi che trascorriamo molto tempo su smartphone o tablet, frenesia informativa e così via. Baricco suggerisce di cambiare paradigma. Non seguiamo il confortevole flusso temporale partendo dalla causa ed arrivando all’effetto ma dedichiamo tutta la nostra attenzione alla prima parte di questa equazione.
La causa. Usando un facile gioco di parole, che cosa ha causato la causa? Perché a un certo punto l’uomo ha sentito la necessità di creare strumenti come i social? Da cosa stava fuggendo quando ha applicato al mondo le regole della matematica più spinta? Da quale timore cercava riparo quando ha fortissimamente voluto ridefinire la realtà a misura di macchina?
Le risposte possono essere tante. Da una parte l’uomo ha sempre cercato di comprendere la realtà, di spiegarla, di definirla imbrigliandola con leggi fisiche ma questi tentativi non ne hanno tranquillizzato l’irrequietezza. Per questo, a un certo punto, ha inventato le macchine e per questo, a un certo punto, ha deciso di trasformare il mondo in numeri e di appaltarlo alle macchine. Di, metaforicamente ma nemmeno tanto, vedere la realtà attraverso il monitor di uno smartphone perché ciò che passa attraverso gli occhi sintetici della macchine viene regolato, misurato, controllato.
C’è, quindi, alla base, un frustrante senso di insicurezza? Il consapevole terrore che l’uomo non può essere compreso? Herbert George Wells aveva appaltato al suo dottor Moreau il tentativo di dominare e comprendere l’umanità, nel senso di attributo di chi è uomo, con la chirurgia. Faceva usare allo scienziato le leggi della medicina per trovare la chiave, per comprendere cosa rende un uomo tale. E da lì partire per dominarne intenzioni, pulsioni, debolezze e punti di forza.
Noi non abbiamo fatto lo stesso? Ma non con la medicina, bensì come le macchine. Le più brillanti menti del nostro presente sono come il dottor Moreau, ossessionate dalla comprensione e sempre più convinte che la realtà sia un pericolo da arginare? E hanno reagito come potevano, cercando di intervenire sulla realtà stessa? No, non sulla realtà ma sulla nostra percezione di come essa è. Sul nostro modo di pensare. Digitalizzare l’umano? E’ possibile o può avere effetti collaterali imprevisti e imprevedibili?
Io lancio la palla, a voi il compito di giocarci.