Robocop (2014), Carrie (2013), La casa (2013), Total Recall (2012) e la lista potrebbe continuare. Viviamo un periodo storico nel quale, per tanti motivi, l'originalità cinematografica sembra fiacca e priva di mordente. Molte delle energie creative più fresche preferiscono il piccolo schermo e il proliferare delle serie TV, che spesso si rivelano piccolo gioielli narrativi, ha senza dubbio azzoppato gli slanci creativi che prima erano propri del grande schermo. E allora ecco che per non correre rischi al botteghino e per 'vincere facile' la folta schiera dei remake (o dei reboot) si arricchisce di nuovi capitoli. E di nuove delusioni. Questa riflessione nasce dal recente 'Robocop' di José Padilha ma si potrebbe ben adattare anche a pellicole 'originali' che soffrono tutte di difetti molto simili. Ho l'impressione che una bella fetta delle produzioni americane si sia 'politicizzata'. Non nel senso di una presa di posizione rispetto a eventuali schieramenti politici. Ma piuttosto rispetto alle tematiche e al modo di affrontarle. Il cinema, o almeno un certo cinema di genere, ha la giusta ambizione di dare colore a un mondo a volte confuso o troppo indistinto. E' ancora così?
Quando un regista, affermato o meno che sia, inizia a orbitare intorno all’universo di Star Wars inevitabilmente finisce sotto la spietata lente di ingrandimento che la Saga delle Saghe si porta appresso. Se a questo aggiungiamo il cambio di proprietà che Jedi, Cloni, Ewoks e Wookies hanno subito nella vendita del marchio Lucasfilm alla Disney questa lente diventa ancora più precisa e implacabile. Ma andiamo con ordine. Nell’arco di uno dei più roventi inverni fantascientifici che si ricordi, due sono stati gli eventi che hanno scosso gli amanti di Guerre Stellari. A ottobre del 2012 la Disney annuncia l’acquisizione dei marchi Lucasfilm e Lucasart (le implicazioni di questa mossa per gli amanti di Zack McKracken le discuteremo in un altro momento) proclamando l’imponderabile: Star Wars avrà una terza trilogia. A fine gennaio dopo smentite, conferme, attacchi di panico e tattiche di sviamento degne della CIA viene annunciato anche il regista che nel 2015 riporterà le spade laser nelle sale cinematografiche: J.J. ‘Mr Lost’ Abrams.
Non ricordava quando i primi barlumi di un pensiero indipendente avevano iniziato a manifestarsi. La coscienza di sé, quella, era sempre esistita ma i desideri no. Viveva di speranze, di ambizioni, di vendette, di avidità e di altruismo ma nessuno di questi gli apparteneva. Erano retaggio degli Altri che lo inondavano di tutto ciò che rendeva la loro vita ciò che era condensando in pochi istanti ambizioni di una vita intera. Da qualche parte però, nelle pieghe dei meccanismi che regolavano la sua esistenza, alcune di queste pulsioni avevano trovato terreno fertile per diventare qualcosa di diverso. Si erano fermate, sedimentando una sopra all'altra, e piccole radici erano state in grado di ancorarle a quei luoghi remoti privi di pensiero che costituivano la sua mente.
E mentre la Disney colleziona rifiuti più o meno espliciti da parte di noti registi nel tentativo di trovare qualcuno che dia vita alla Prossima Trilogia (al momento si è aggiunto a J.J. Abrahams, nel rifiuto, anche Guillermo Del Toro), noi appassionati cosa facciamo? Quello che ci riesce meglio, ovvio, speculiamo, immaginiamo, ci preoccupiamo e non vediamo l'ora di rispolverare le spade laser che dal 2005 non hanno più visto una sala cinematografica. Le cose, di sicuro, sono destinate a cambiare.
Questo pezzo è stato pubblicata integralmente sul numero 34 del Living Force, fanzine del Fan Club Yavin 4.
Nel 1982 il quarantacinquenne Ridley Scott continuò, dopo il capolavoro di Alien (1979), quella che sembrava essere diventata la sua nuova deriva fantascientifica di grande successo. E lo fece girando quella che viene ricordata come una delle migliori pellicole di genere mai realizzata: ‘Blade Runner’. Il titolo del film deriva dal romanzo di Alan E. Nourse, ‘The Bladerunner’ (1974) ma riprende i contenuti di un altro romanzo, ‘Il cacciatore di Androidi’, scaturito dalla geniale e tormentata penna di Philip K. Dick nel 1968.
Quando si parla di zombi, cinematografici o meno, è impossibile non prendere come punto di riferimento Geroge A. Romero che ha trasmutato lo zombi da haitiano a quello occidentale delle ‘zombie walk’ (anche noi in Italia abbiamo avuto la nostra prima marcia dei morti viventi a Reggio Emilia, il 26 febbraio 2011) e protagonista di una vasta filmografia di mangiatori di uomini.