Non posso certo dire che leggere i romanzi di Donaldson in inglese sia una passeggiata perciò le premesse di questa recensione sono le stesse che avevo fatto, al tempo, per le mie considerazioni su 'Fatal Revenant', il precedente (e secondo) capitolo della quadrilogia. Aggiungo che questo romanzo in particolare, e l'ho scoperto frugando un po' nei forum anglofoni, ha un livello di difficoltà linguistica molto elevato anche per lettori madrelingua perciò le mie considerazioni esulano dagli aspetti stilistici che, francamente, non sono in grado di valutare.
VOTO: [rating: 4]
La mia conoscenza con Lindqvist, lo ammetto, non è avvenuta tra gli scaffali di una libreria ma in un cinema e sotto il migliore del auspici: incrociai la trasposizione in celluloide (2008) del suo 'Lasciami entrare' letterario (2004). Era un periodo oscuro per l'horror cinematografico e rimasi del tutto deliziato dall'equilibrio, il coraggio e l'intelligenza della pellicola. Incuriosito, rincorsi allora il romanzo e non fui affatto deluso, anzi: Lidnqvist si confermava un autore illuminato. Da allora lo seguo con una certa devozione e questo 'Muri di carta' (scritto tra il 2002 e il 2005) è la sua quarta pubblicazione, questa volta sotto forma di raccolta di racconti.
E dopo un'attesa nemmeno troppo lunga, ecco finalmente il completamento della trilogia 'Nocturna' iniziata con il primo volume 'La Progenie' ('The Strain, 2009), continuata con 'La Caduta' (The Fall, 2010), che già avevo recensito, e infine conclusasi con questo 'Notte Eterna. Avevamo lasciato il mondo in pessime mani: devastato da una grappolo di esplosioni nucleari, il cui effetto principale era stato quello di condannare la Terra alle tenebre persistenti (ceneri radioattive coprono il cielo per quasi la totalità del giorno), è divenuto l'ecosistema perfetto per il 'Padrone' e per la sua orda di vampiri.
[rating:4]
Quando un addetto ai lavori si cimenta nella scrittura di un racconto o di un romanzo che tratta le materie da lui conosciute, il rischio è sempre dietro l’angolo. Perché può venire spontaneo perdersi in troppi tecnicismi, perché si tende a dare per scontato che l’interlocutore, cioè il lettore, sappia più di quanto in realtà non gli è noto. La via per l’inferno, si sa, è lastricata di ottime intenzioni.