Per arrivare preparato a uno degli appuntamenti cinematografici più attesi dell'anno, avevo riletto poco tempo fa 'Lo Hobbit' (in una versione con tanto di domande di comprensione, non si sa mai) riscoprendolo molto più ricco di avvenimenti di quanto ricordassi. Perciò mi accompagnava in sala, memore delle capacità di adattamento mostrate da Jackson ne 'Il Signore degli Anelli', la consapevolezza che in quanto ad avvenimenti, 'Lo Hobbit' è denso quanto una zuppa di lenticchie.
Cosa succede quando un regista europeo (che ha già dimostrato una discreta capacità di sceneggiatore) attraversa l'oceano in cerca di talenti e se ne torna a casa con Robert De Niro, Sigourney Weaver e quel demonio dagli occhi di ghiaccio di Cillian Murphy? Non è regola generale, ma spesso e volentieri il risultato merita almeno una bella menzione.
'Skyfall' è, senza dubbio, il film su James Bond con meno James Bond mai realizzato. E non è affatto casuale ( anche se per qualcuno è sicuramente fastidioso fastidioso) che sia stato realizzato proprio nel cinquantesimo anniversario dell'agente segreto più famoso del mondo. Con questa premessa è facile intuire che, se siete appassionati del Bond vintage (e 'Casino Royale' (2006) per quanto mi riguarda appartiene a questa categoria), Skyfall vi possa far storcere il naso.
Se dovessi pensare a un filone cinematografico del quale è stato detto molto e nel quale investirei poco o nulla, uno dei primi che mi viene in mente è quello delle pellicole a tema 'possessione'. Per due motivi: il primo è il confronto impari con il capostipite nominale di tutto, 'L'Esorcista' (1973) di William Friedkin. Il secondo è l'indelicato abuso al quale il tema demoniaco è sottoposto negli ultimi anni. Film come 'Il Rito' (2011) e 'L'altra faccia del diavolo' (2012) hanno affossato ogni entusiasmo e ogni spiraglio di originalità.
VOTO:[rating:4]
Da un bel po' di anni a questa parte la convinzione che il Vecchio Continente sia la vera, nuova, fucina dell'horror moderno prende sempre più consistenza e ho perciò cercato di tracciare un minimo di profilo psicologico dei nuovi autori horror europei in un pezzo, su questo sito, qualche anno fa. Lo potete trovare qui.
[rating:4.5]
Che io abbia un debole per il regista catalano, lo si può dedurre leggendo questo mio vecchio articolo di qualche tempo fa. Ma, fino a questo momento, mi ero innamorato soprattutto del suo modo coraggioso e personale di interpretare, in particolare, l'horror. Bedtime, sgombriamo il campo da fraintendimenti, non è un film horror. Ammetto che, entrato in sala, non sapevo praticamente nulla della pellicola. Da qualche parte avevo letto si potesse trattare di un film horror sull'uomo nero (e subito un terrore atavico si era impadronito di me ricordando con sgomento il vecchio 'Boogeyman' (2005) e tutti i suoi sfortunatissimi seguiti), ma avevo pochissime informazioni. Immaginavo potesse essere anche una sorta di 'Paranormal Activity' (2007), e in quel caso la curiosità di vedere l'interpretazione sicuramente molto personale del regista mi affascinava. Insomma, ero pronto a farmi stupire ancora una volta da Balaguerò, ma non ero pronto a un thriller così velenoso e subdolo.
Questo pezzo è stato pubblicata integralmente sul numero 34 del Living Force, fanzine del Fan Club Yavin 4.
Nel 1982 il quarantacinquenne Ridley Scott continuò, dopo il capolavoro di Alien (1979), quella che sembrava essere diventata la sua nuova deriva fantascientifica di grande successo. E lo fece girando quella che viene ricordata come una delle migliori pellicole di genere mai realizzata: ‘Blade Runner’. Il titolo del film deriva dal romanzo di Alan E. Nourse, ‘The Bladerunner’ (1974) ma riprende i contenuti di un altro romanzo, ‘Il cacciatore di Androidi’, scaturito dalla geniale e tormentata penna di Philip K. Dick nel 1968.