Ricorre il decennale di Inception, capolavoro iper-reale di Christopher Nolan nel quale con l’opportuno addestramento e le tecnologie adatte si potevano estrarre informazioni dai sogni. In realtà il fulcro delle speculazioni di Nolan ruotava tutto intorno a una domanda più subdola, profonda e stravolgente: è possibile innestare un pensiero, un ricordo, un’idea o una suggestione talmente in profondità da renderla parte costituende il bagaglio emotivo e mnemonico di una persona?
La risposta, senza temere alcuno spoiler, era sì. Ed era così inquietante e all’avanguardia il concetto dall’avermi spinto verso la riscrittura del concetto stesso di divinità, come qui ho provato a raccontare. E ancora, così rivoluzionario nella sua semplicità dal mettere in dubbio l’importanza della realtà percepita.
Ma Inception, a suo modo, era ‘solo’ fantascienza. Dominic Cobb necessitava di sovrastrutture complesse, di scatole cinesi oniriche, di droghe e di una pianificazione ben oltre il maniacale per arrivare a innestare un qualcosa capace di svilupparsi in memoria (o, peggio, ossessione). Ciò a cui stiamo assistendo giorno dopo giorno ci porta alla stessa conclusione senza però l’obbligo di mettere in campo il vasto armamentario di cui disponevano Cobb e soci.
Perciò, quale è la ricetta contemporanea, presente e per niente futuribile del moderno innesto mnemonico che Nolan aveva teorizzato nel suo Inception? L’ingrediente principale, nella sua declinazione portatile, lo teniamo in mano diverse ore al giorno. Lo guardiamo per altrettante, lo compulsiamo in modo costante mentre facciamo le cose più disparate. Smartphone, desktop, laptot, smart-tv: ecco l’hardware dell’innesto. E social, portali, statistiche, numeri, quotidiani on-line la componente morbida, saporita, succosa.
Perché concepire macchinari e sintassi scientifiche capaci di penetrare il sogno illudendo di vivere nella realtà quando basta affidare alla marea (dis)informatica frammenti di idiozia camuffati da notizia? Tempo fa mi ero interrogato qui sugli effetti della coesistenza di mondi concettuali paralleli nella stessa realtà (semplifico: come è possibile coesistere in un presente dove per alcuni il Covid non esiste mentre per altri sì?) e su quali potevano essere gli effetti collaterali.
Ecco, questo è il principale e Nolan aveva cercato di metterci in guardia arrivando alle estremo conseguenze della fratturazione della realtà. Si innestano convinzioni che mettono radici, che scivolano attraverso i livelli della veglia e vanno a nidificare trasformandosi in convinzioni prima e dogmi poi.
Capita continuamente, decine di volte al giorno. Ma se nel film di Nolan la procedura era complessa e pericolosa e poteva essere attuata da pochi, abili estrattori di sogni, qui e oggi il meccanismo è alla portata dell’ego di chiunque. E se nel film di Nolan gli effetti di uno sfoggio tecnico e scientifico così imponente finivano con il coinvolgere il destino di una persona sola, qui e oggi le mutazioni di questi innesti sono da un lato prevedibili, ma dall’altro mille volte più distruttivi perché finiscono per l’esaltarsi l’un l’altro in una sorta di interferenza costruttiva capace di creare onde dal potenziale devastante.
Ecco cos’era il limbo di Nolan. Una città diroccata, sferzata dalle onde di coscienze collettive innestate, un’ora dopo l’altra, con idee che non gli appartengono.