Chaos is order yet undeciphered.
Ci sono due reazioni principali a un film come Enemy: la prima è isolare il senso di disagio che trasmette e limitarlo al tempo della visione, la seconda è abbracciarlo, farsi contaminare, e portarlo con sé oltre la pellicola in cerca di qualcosa che aiuti a capire la reale portata di quello che si è visto. Non c’è un modo giusto o uno sbagliato, sono due approcci differenti. Se si abbraccia la prima metodologia è probabile che i natali del film, ‘L’uomo duplicato‘ di José Saramago, siano sufficienti a determinare ciò che si è visto: una storia che flirta con la fantascienza nella quale doppioni di sé stessi in contatto tra loro attraverso visioni subliminali intrecciano le loro esistenze. Siano esse reali o fittizie.
Ma se la spiegazione non basta, se il finale resta sospeso nel limbo tra la nostra razionalità e il subconscio, ecco che si inizia a scavare ben oltre il minutaggio in celluloide della pellicola.
Due sono le coordinate principali che ho impostato sul mio timone per cercare di capire qualcosa di più su Enemy: Canada e Ragni, entrambe rigorosamente con la lettera maiuscola.
Canada e Ragni: perché? C’è un altro grande, grandissimo regista, anche lui canadese, che ha dedicato una pellicola trasversale agli aracnidi arrivando persino a usarli per il titolo del suo film. Parlo di David Cronenberg e del suo Spider (2002), lungometraggio anche lui basato su un romanzo (scritto però da Patrick McGrath), e tutto imperniato sulla malattia mentale del protagonista che si trova intrappolato, insieme allo spettatore, in un intricato labirinto (o tela?) di inganni, false memorie, allucinazioni e, in qualche misura, scambi di persona. Tutto questo senza nemmeno scomodare le molteplici simbologie a cui sono associati i ragni. Vi ricorda qualcosa?
Ma scaviamo ancora un po’, spostiamo la lancetta indietro di più di due decenni e arriviamo al 1988 quando Cronenberg prese la storia narrata nel romanzo Bari Wood e Jack Geasland, una drammatica vicenda famigliare, reclutò Jeremy Irons e diresse Inseparabili. Due gemelli, molto diversi tra loro ma connessi tra loro in modo indissolubile.
Perciò Ragni, Canada, gemelli e allucinazioni. Più una piccola miriade di dettagli (le location in cui hanno girato il film, per esempio) che spingono in una intrigante direzione: Enemy getta le sue fondamenta sulla solida storia di Saramago ma poi viene costruito usando come catalizzatore di mutazione David Cronenberg.
Una sorta di omaggio non dichiarato a tutte le tematiche del Cronenberg concentrato sulla mostruosità della malattia mentale più qualche incursione in un passato ancora più remoto dove il potere della mente, secondo Cronenberg, poteva cambiare l’essenza delle cose.
Se abbracciamo questo punto di vista, e non credo di chiedere uno sforzo privo di logica, ecco che il personaggio di Adam Bell (Jake Gyllenhaal) diventa un frankenstein concettuale: raccoglie l’ossessione di Inseparabili, la malattia mentale di Spider (oltre che i ragni, questa volta entità semi-divine, quasi lovecraftiane, che tessono i loro intorno ai destini di migliaia di persone) e li unisce tra loro con una virtualizzazione della realtà già trattata in eXistenZ (1999) e ne Il Pasto Nudo (1991), seppur in quest’ultimo film catalizzata da deliri allucinatori.
Perciò Adam Bell in qualche misura crea il suo doppio, oppure è l’attore Anthony Claire a creare Adam. Entrambi desiderano ciò che ha l’altro e il loro desiderio, il ragno divino che domina Toronto piuttosto che l’enorme aracnide nascosto nella camera da letto, riesce a trasformare questo desiderio in realtà.
Enemy non è un percorso allucinatorio, ma è una commistione di generi tutta incentrata nell’omaggiare, in modo originale e imprevedibile, l’opera visionaria di un grande maestro come Cronenberg.
Sotto molto aspetti questo spiega anche l’unicità dell’opera rispetto ai canoni di Villeneuve. E’ vero, il (bravissimo) regista ha approcciato a diversi generi, ma lo ha sempre fatto con metodo e con una struttura narrativa molto, molto definita, seppure dotata di una grande emotività. Enemy (chi è il nemico? Noi stessi? La nostra capacità di modificare la realtà?) non va in questa direzione. E’ molto emotivo, certo, ma gioca con i generi alternando la fantascienza, al thriller, all’horror, alla storia d’amore. Un caleidoscopio destabilizzante nel quale la mente acquisisce un potere enorme e gioca con la realtà, con le percezioni dei protagonisti e con quelle dello spettatore.
C’è forse un modo migliore celebrare, interpretare e reinventare un regista come Cronenberg?
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